Una sentenza del Consiglio di Stato che farà sicuramente discutere…
Segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Nella controversia in esame la misura interdittiva trae motivazione dal rapporto di parentela (fratello) dell’amministratore unico della società con un affiliato al clan dei casalesi con pregiudizi per associazione a delinquere, nonché dalla circostanza che i socio sono inoltre cugini di primo grado del capo del clan camorristico dei casalesi.
Dagli atti dell’istruttoria emergono anche frequentazioni con soggetti con pregiudizi per associazione mafiosa. Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello annullando le informative prefettizie in quanto “con riguardo alla rilevanza del rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata, agli effetti dell’inibitoria della costituzione di rapporti contrattuali o di sovvenzione con enti che utilizzano risorse pubbliche, la prevalente giurisprudenza è orientata nel senso che il mero rapporto di parentela (o di affinità), in assenza di ulteriori elementi, non è di per sé idoneo a dare conto del tentativo di infiltrazione, in quanto non può ritenersi un vero e proprio automatismo tra un legame familiare, sia pure tra stretti congiunti, ed il condizionamento dell’impresa, che deponga nel senso di un’attività sintomaticamente connessa a logiche e ad interessi malavitosi (Cons. St., Sez. III, n. 96 del 10 gennaio 2013; n. 4995 del 5 settembre 2011; sez. VI, n. 5880 del 18 agosto 2010; n. 3664 del 23 luglio 2008; n. 3707 del 27 giugno 2007). Se è infatti vero, in base alle regole di comune esperienza, che il vincolo di sangue può esporre il soggetto all’influsso dell’organizzazione, se non addirittura imporre (in determinati contesti) un coinvolgimento nella stessa, tuttavia l’attendibilità dell’interferenza dipende anche da una serie di circostanze ed ulteriori elementi indiziari che qualifichino, su un piano di attualità ed effettività, una immanente situazione di condizionamento e di contiguità con interessi malavitosi. Si è, in particolare, ritenuto che l’eventuale attività pregiudizievole posta in essere da un genitore non può riverberarsi automaticamente sull’attività imprenditoriale del figlio, perché altrimenti quest’ultimo sarebbe, senza sua colpa, nell’impossibilità di poter svolgere attività lecite costituzionalmente tutelate. L’applicazione automatica della misura interdittiva rappresenterebbe inoltre un irragionevole ostacolo al ripristino di un regime di vita lavorativa improntato al rispetto della legge nelle aree geografiche del Paese contraddistinte dalla forte presenza di organizzazioni criminali (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 5866 del 25 novembre 2009). Atteso che il vincolo di parentela – per le ragioni innanzi indicati – non può da solo assurgere ad elemento significativo del pericolo di condizionamento mafioso, l’accertata esistenza dello stesso non appare corroborata da elementi significativi di un’ attuale contiguità con i soggetti gravati da pregiudizi penali.
L’ascritta frequentazione è, invero, ricondotta a due soli riscontri, risalenti del tempo e non accompagnati da specifiche circostanze idonee ad evidenziare l’ingerenza nell’attività di impresa. Per di più l’appellante pone in rilievo l’intervenuto arresto di due dei tre fratelli, con disarticolazione del sodalizio al quale l’informativa ascrive il potenziale condizionamento dell’impresa, sopravvenienza che non risulta presa in considerazione dalla misura di rigore da ultimo adottata nel marzo 2012. Quanto al richiamo nella sentenza appellata ad un contatto cui si ascrivono pregiudizi per il reato di riciclaggio, i riscontri documentali versati in giudizio dall’appellante (certificato generale del casellario giudiziario e certificato dei carichi pendenti) hanno tuttavia escluso l’esistenza a carico del predetto di condanne e di procedimenti in corso in sede penale, in disparte la circostanza che a detta frequentazione non risulta essere stato dato rilievo ai fini dell’adozione della misura di rigore. I canoni di proporzionalità della misura adottata al fine di interesse pubblico perseguito e di ragionevole bilanciamento dell’elevazione della soglia di prevenzione con le situazioni di diritto soggettivo incise inducono all’accoglimento dell’appello – non emergendo allo stato elementi significativi di interferenza nell’attività di impresa, ovvero intrecci societari e di partecipazione al capitale da parte di altre imprese e soggetti collusi – fatto salvo ogni provvedimento dell’ Amministrazione in presenza di nuovi riscontri che si configurino idonei, su un piano di attualità ed effettività, a suffragare il giudizio prognostico del pericolo di infiltrazione mafiosa.
Fonte: www.gazzettaamministrativa.it