E’ di ieri mattina l’iniziativa, ripresa da quasi tutti i quotidiani a tiratura sia cittadina che regionale, delle studentesse facenti parte dell’Assemblea contro la violenza maschile sulle donne atta a manifestare il proprio dissenso verso la mercificazione dell’immagine femminile che nello specifico veniva espressa in un cartellone pubblicitario dell’azienda Challoils produttrice di olio per motori ed esposta in via Crispi. Ciò che è stato coperto con la scritta inequivocabile “Questa è violenza sulle donne” è un’immagine altresì inequivocabile ritraente una donna che, in posa ammiccante, si strofina una bottiglietta di prodotto sul corpo. Imminente e variegata la risposta del popolo del web, solidali o variamente contrari i commenti che nel corso delle successive ore hanno intasato le pagine facebook dei quotidiani online.
Senza voler prestare molta attenzione ai commenti, che con battute di bassa lega, riducono tutto a una pura invidia nei confronti dell’avvenente modella o che tirano in ballo in maniera spiccia e inappropriata il moralismo medievale, intendiamo mettere in risalto quelli che con espressioni del tipo “è una semplice immagine di una bella donna, cosa c’è di male?” , “non mi sembra nulla di anormale, di queste immagini se ne vedono a centinaia tutti i giorni”, “come si può definire violenza un cartellone pubblicitario?” palesano quanto il sistema vigente fondato su logiche patriarcali e maschiliste si sia insinuato nella società, nelle coscienze, andando a determinare i parametri di valutazione, la scala dei valori, il linguaggio. Contribuendo a normalizzare la violenza di genere e a banalizzarne alcune sue forme quali appunto lo sfruttamento del corpo femminile per finalità legate al profitto e al marketing. Tali commenti provengono sia da uomini che da donne.
Ebbene, ai primi vogliamo dire di tapparsi la bocca e legarsi le mani, a seconda dei casi, perché privi di alcuna legittimità a esprimere opinioni su cosa significhi per una donna subire un abuso, in qualsiasi modo esso venga perpetrato. Alle seconde, diciamo che tale atteggiamento le rende complici di chi commette femminicidi, di chi vìola la nostra dignità, di chi giustifica qualsivoglia violenza perpetrata a nostro danno. Come più volte denunciato la violenza sulle donne è una condizione sistemica e strutturale e va sottolineato che complici di questo scenario sono i media che, facendo leva sul proprio ruolo, continuano a veicolare un immaginario stereotipato basato su vittimismo e spettacolarizzazione per nulla coerente con le vite reali delle donne. Un modus operandi che si è dato anche in questo particolare frangente e che ha visto, nello specifico, la presa di posizione di un giornalista di Repubblica che nel proprio blog ha definito la nostra azione dimostrativa come “atto di censura” che ha leso e messo in discussione la libertà dell’azienda di scegliere il proprio taglio comunicativo e della modella di usare il proprio corpo.
Al di là del fatto che al giornalista in questione forse sfugge l’esistenza di una delibera comunale di monitoraggio sull’affissione di pubblicità di tal genere, vogliamo sottolineare nuovamente che un uomo, al di là della professione che svolge nella società, non può minimamente arrogarsi il diritto di esprimere giudizi su cosa sia o no violenza sui nostri corpi, che non si può definire “atto di censura” una azione che mira a ristabilire, difendere e rivendicare la Dignità lesa, che non si può mascherare la complicità a un sistema fondato sulla violenza e la sopraffazione con il concetto di libertà di opinione e di espressione. La libertà di cui egli parla è solo quella del libero mercato per cui qualsiasi mezzo può essere utilizzato per fare profitto anche se costruisce immaginari sessisti su cui si sviluppa la violenza di genere fino a giungere al femminicidio. E’ di stamani, poi, la notizia che il vice sindaco Sergio Marino abbia dato disposizione immediata per la rimozione di tutti i cartelloni.
“ Ci riteniamo soddisfatte della decisione presa dal vice sindaco, decisione seguita alla nostra iniziativa e all’attento sguardo che come Assemblea permanente gettiamo ogni giorno sulla nostra città. Le pubblicità di tal genere contribuiscono per noi a costruire quella cultura sessista che è terreno fertile per la violenza di genere. Non ci sono se e non ci sono ma. E continueremo a tenere alta la nostra attenzione continuando a sanzionare campagne pubblicitarie di questo tipo, boicottando tutte quelle aziende che non solo sfruttano le lavoratrici ma che infliggono violenza sfruttando l’immagine femminile per finalità di profitto” affermano le studentesse dell’Assemblea contro la violenza maschile sulle donne.
Nel frattempo, in questi minuti, nell’Aula Seminari dell’ex facoltà di Lettere e Filosofia l’Assemblea contro la violenza maschile sulle donne è riunita in assemblea pubblica e come primo dato si registra la soddisfazione sul percorso sinora svolto e la determinazione ad andare avanti che si esprimerà ancor di più nel corteo previsto per l’8 marzo a cui tutta la cittadinanza è invitata e che si andrà organizzando nel corso di iniziative e incontri pubblici futuri.
Assemblea Contro la Violenza Maschile sulle Donne