di Antonella Catrambone
Il 16, 17 e 18 dicembre, presso 29 città distretti di Corte di Appello di tutta Italia, si terranno gli esami di abilitazione alla professione forense e non tutti sanno quali notevoli costi dovranno essere sopportati da chiunque decida di sostenerli. La cifra si aggira attorno ad € 278,91 solo per l’acquisto di codici e versamento di tasse ed è destinata a salire considerato che molti candidati provengono da sedi diverse da quelle in cui si svolgono gli esami, per cui dovranno spendere spese per vitto ed alloggio. Ma valutiamo meglio l’evolversi della situazione in questo ultimo anno.
Condizione necessaria per poter accedere all’esame è la compiuta pratica svolta, per lo più gratuitamente, presso uno studio legale o ente, a cui si aggiungono adempimenti di tipo fiscale. Infatti, fino al 2013 la relativa domanda di ammissione doveva essere corredata da marca da bollo di € 16,00 nonché dalla copia di F23 recante il versamento della tassa di € 12,91.
Fino a qui appare tutto nella norma. Da quest’anno, però, c’è una novità per tutti i partecipanti e, visto che l’esame si tiene sempre nella settimana precedente il Natale, possiamo dire che il regalo è già arrivato.
Infatti, a seguito dell’entrata in vigore del d.m. 16 settembre 2014 (“Determinazione delle modalità di versamento dei contributi per la partecipazione ai concorsi indetti dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 1, commi da 600 a 603, della legge 27 dicembre 2013, n. 147”, pubblicato sulla G.U. 24 settembre 2014, n. 222, ed entrato in vigore il giorno successivo), intervenuto successivamente alla emanazione del bando di esame avvocato – 2014 (d.m. 11 settembre 2014), ma di immediata applicazione in forza dell’art. 1, comma 604 della legge 147/2013, i candidati sono tenuti al pagamento dell’ulteriore somma di euro 50,00 a titolo di contributo forfettario alle spese di esame (art. 1, comma 600 della legge 147/2013). Il versamento della somma indicata è condizione di ammissione all’esame stesso.
In primo luogo c’è da chiedersi cosa abbia giustificato la previsione di tale ulteriore balzello previsto, peraltro, a titolo di spese forfettarie, che aggrava i versamenti a carico dei praticanti già onerati dell’obbligo di dover sostenere i costi di iscrizione all’albo e della tassa annuale (c.d. bollo) per il mantenimento dell’iscrizione stessa al registro praticanti. A questo si aggiunga l’acquisto di codici commentati con la giurisprudenza, necessari al fine di poter elaborare e redigere i pareri di diritto civile, penale nonché l’atto giudiziario e per i quali occorre spendere una somma che ammonta in media a circa € 200 e per la quale esultano la case editrici.
Facendo un po’ di calcoli pare che intorno a questi esami ruotino un bel po’ di soldi, visto che a partecipare saranno migliaia di persone. Peccato, però, che gli svantaggiati rimangano sempre tali. Infatti, chi non può permettersi di sostenere tali cifre non può avere accesso alla professione forense ed ecco che affiora il tanto decantato ma disatteso principio di pari opportunità di cui all’art. 3 della nostra Costituzione.
In seconda battuta preme sottolineare come tale esame non possa essere annoverato quale concorso, così come erroneamente definito dal decreto di cui sopra, poiché ha solo un valore abilitante alla professione forense e non ai ruoli della pubblica amministrazione. A tal fine si precisa che chiunque intenda partecipare ad un pubblico concorso è esonerato dal versamento di qualsiasi contributo, ad eccezione dei concorsi svolti da Enti pubblici locali.
Infine, non può non segnalarsi una errata applicazione del comma 604 dell’art. 1 della legge 147/2013, a norma del quale “il contributo introdotto dai commi 600 e 601 è dovuto per le sessioni di esame tenute successivamente all’entrata in vigore del decreto che ne determina le modalità di versamento”. Ecco allora che non si spiega perché tale contributo abbia avuto efficacia retroattiva ed è per questo motivo che appare anche illegittimo.
Vero è che in Italia siamo stati abituati ad essere gravati costantemente da tasse ed oneri ma, forse è arrivato il momento di cambiare politica e procedere ad uno snellimento delle procedure burocratiche e fiscali che ormai sono divenute così gravose da non essere più giustificabili, soprattutto quando colpiscono sia giovani che adulti, i quali hanno il diritto di crearsi una chance che dia loro l’opportunità di dar vita ad un futuro nel proprio Paese.