Gli strascichi sul caso Siri aprono una nuova frattura tra Lega e M5S. Matteo Salvini in cerca di una “rivincita” sul nemico-alleato Cinque Stelle da ieri ha promesso una guerra «via per via, negozio per negozio, città per città» contro i prodotti a base di canapa Prodotti, questi, venduti in Italia legalmente dal 2017 dopo l’approvazione di una legge che ne ammette il commercio (a patto che il principio attivo, il Thc, sia inferiore allo 0,6%) e che di fatto ha aperto le porte a un settore commerciale che già dà lavoro a 10mila addetti per 150 milioni di fatturato con quasi mille negozi e 1500 aziende di trasformazione e distribuzione, come ha ricordato il Consorzio nazionale per la tutela della canapa industriale. Salvini ieri ha varato una direttiva che prevede controlli a tappeto per i negozi – dalla verifica delle certificazioni alla loro localizzazione non troppo vicina a «luoghi sensibili» come scuole, parchi giochi, ecc. – con l’invito agli enti locali a monitorare le nuove aperture. Ma soprattutto la direttiva ricorda anche che la legge non consente la produzione e la vendita al pubblico delle infiorescenze «in quanto potenzialmente destinate al consumo personale», cosa che invece viene «impropriamente pubblicizzata – si legge nel testo – come consentita dalla legge». «Meglio legalizzare la prostituzione», ha aggiunto il ministro che plaude alla chiusura, sempre ieri, dei primi due cannabis shop decisa dal questore di Macerata Antonio Pignataro a Civitanova Marche, perché colpevoli di vendere prodotti con livelli di Thc oltre i limiti di legge. La battaglia alla cannabis per Salvini diventa l’occasione per attaccare i Cinque Stelle a cui ha chiestodi ritirare la proposta di legge sulla liberalizzazione delle droghe. Immediata la replica dell’altro vice premier Luigi Di Maio che dopo aver invitato Salvini a fare di più per chiudere le piazze di spaccio ironizza sul suo «nervosismo»: «La Lega è in paranoia dopo gli ultimi sondaggi che danno in ripresa M5s».