Bufera giudiziaria sul Mose. Politici e funzionari sono finiti nell’inchiesta dei magistrati che stanno indagando nell’inchiesta su presunte tangenti e false fatture legate agli appalti della maxiopera che proteggerà Venezia dall’acqua. Tra gli arrestati il sindaco, Giorgio Orsoni, posto ai domiciliari, e altre 35 persone. Chiesto anche l’arresto per l’ex governatore veneto Giancarlo Galan. Le accuse ipotizzate a carico degli arrestati vanno dalla corruzione alla concussione, passando dal riciclaggio al finanziamento illecito dei partiti, una nuova tangentopoli realizzata a colpi di triangolazioni di denaro attraverso false fatture maggiorate per un totale accertato di 25 milioni di euro.
Il procuratore capo Luigi Delpino, l’aggiunto Carlo Nordio e i vertici della Guardia di finanza hanno ricordato che l’operazione era di fatto in corso dal 2008 e che i rapporti con la politica rappresentano la fase tre dell’inchiesta. Oltre Orsoni e Galan, un fascicolo riguarda anche l’ex ministro (all’ambiente prima e alle Infrastrutture poi), Altero Matteoli che nei giorni scorsi ha ricevuto una notifica dai pm. Tra i 35 arrestati di oggi anche due ex Presidenti del magistrato alle acque emanazione del Ministero delle infrastrutture Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva. Entrambi sarebbero entrati nella vicenda in base a dichiarazioni fatte nel corso dell’inchiesta da parte degli indagati dei vari filoni d’indagine che riguardano anche gli intrecci tra politica (agli arresti anche l’assessore della giunta Zaia Renato Chisso) e la finanza (coinvolto nell’indagine anche Roberto Meneguzzo, fondatore e amministratore della Palladio Finanziaria spa, ribattezzata la Mediobanca del Nordest).
La notizia dello scandalo giudiziario è arrivata proprio mentre il premier, Matteo Renzi stava incontrando a Palazzo Chigi per parlare del caso Expo, il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone che non ha voluto entrare nel merito dell’indagine spiegando solo che quello “che inquieta è il coinvolgimento trasversale di soggetti diversi, non solo imprenditori e politici, ma anche pezzi del sistema dei controlli, a dimostrazione di come la corruzione riesca a pervadere ambiti più vari”. Per il presidente dell’Autorità “bisogna ripensare il sistema delle deroghe, le regole vanno cambiate – afferma. Ma già oggi la legge Severino consente di intervenire”. Cantone ha poi riferito che Renzi è “molto turbato” dallo scandalo sul Mose. “Sono cose raccapriccianti, che fanno malissimo all’immagine dell’Italia e mai come in questo momento questo è controproducente”, è stato lo sfogo del presidente del Consiglio. “Ma come, io sto lavorando come un pazzo per convincere gli investitori esteri a venire nel nostro Paese e finalmente c’è un interesse da questo punto di vista. Si vede muovere qualcosa, anzi più di qualcosa. Però ecco che il passato sembra voler tornare”.
Il premier spera, già nel Consiglio dei ministri di venerdì, in una legge anti-corruzione. “Bisogna muoversi”, è l’imperativo del premier. La via giusta per Renzi, è quella di affidare a Cantone la supervisione della gestione dell’Expo, senza bisogno di creare attorno a lui nuovi organismi. Lo stesso Cantone, del resto, nell’incontro di ieri non ha chiesto questo. Il magistrato vuole però che venga data attuazione alla legge. Il che significa, ha spiegato al presidente del Consiglio, “che mi siano date le persone che dovrebbero affiancarmi nel mio lavoro, per esempio. Ma i quattro commissari che dovrebbero far parte con me dell’Anticorruzione non ci sono ancora. E poi dobbiamo aumentare i controlli”. “Insomma – è stata la risposta di Renzi – sono tutte cose già previste dalla legge”.