Simona D’Albora
Una bomba ritrovata davanti alla filiale della Deutsche Bank del Vomero e due allarme bomba alla Mostra d’Oltremare e nel palazzo della Regione, episodi di straordinaria follia o stiamo attraversando una nuova fase di tensione?
“Napoli è una città inquieta su ogni fronte da sempre – dichiara Bruno De Stefano, scrittore napoletano – non voglio parlare di veri atti di terrorismo, ma di episodi eversivi che si innestano in un clima non sereno, basti pensare all’aggressione subita nei giorni scorsi dal professor Macry. È una città sensibile a qualsiasi cosa, che non gode di buona salute e che sta attraversando una fase davvero difficile, manca una Istituzione solida e credibile.”
Ripercorriamo un po’ l’ultimo anno, da Ciro Esposito a Davide Bifulco
“Sono molto prudente nell’esprimere la mia opinione, ci troviamo di fronte ad episodi nei quali la magistratura non ha ancora fatto del tutto chiarezza e non siamo di fronte a verità accertate. Dico solo che sono contro le beatificazioni e le demonizzazioni alle quali abbiamo assistito, non ho condiviso l’animo del popolo che si è buttato a pesce su questi due episodi. Sono sempre prudente sui fatti di cronaca, ma una riflessione la voglio fare, prendiamo atto che ci sono elementi che vanno analizzati fino in fondo e che può darsi che alla verità non si arriverà mai, prendiamo l’assassinio del Sindaco di Pollica, quando fu assassinato subito si pensò a un delitto di camorra e oggi a distanza di anni ancora si indaga per capire cosa è successo. Insomma i fatti non sono mai così chiari, ma al napoletano piace schierarsi immediatamente. E comunque bisogna chiedersi, visto che sono episodi al limite della legalità, chi muore viene considerato sempre un bravo ragazzo: come mai finisce poi a frequentare marmaglia? Allora bisogna andare a vedere cosa c’è a Napoli, nei quartieri periferici, quelli più degradati dove si vive in condizioni di anarchia totale, ormai non ci stupiamo nemmeno più di questo degrado e della convivenza tra la parte sana e la parte malata della città. I quartieri degradati sono sempre quelli, anzi, peggiorano, avrebbero bisogno di una cura da cavallo.”
Lei ha scritto vari libri sulla camorra e anche uno su Giancarlo Siani cosa è cambiato rispetto al passato?
“Che la realtà è quella che è: ancora tragica, le famiglie camorristiche sono ancora le stesse di 20 anni fa solo che invece di controllare interi quartieri si sono parcellizzate e hanno il monopolio di vicoli. In passato comunque mancava una certa consapevolezza, Siani è stato anche vittima dell’inconsapevolezza, oggi si percepisce molto di più che le cose sono messe male. In tutti questi anni uno dei modelli più visibili è stata la camorra la gente si è anche abituata e si è fatta l’idea che lo Stato non è in grado di agire fino in fondo. A Napoli le Istituzioni non raggiungono gli standard italiani, meno che meno quelli europei, l’unica cosa che funziona è la camorra, una camorra che ha abbandonato il contrabbando, le rese dei conti tra di loro ed ha investito i soldi guadagnati nell’economia ed è ben presente nella società. Ormai è un fenomeno completamente trasversale, ha dentellati in tutti gli ambienti, perché non esiste solo la camorra che spara, ma anche quella economica che si è ripulita perdendo anche quella patina di illegalità e, come ogni organizzazione intelligente, cambia pelle, e si affianca alla camorra predatoria che persiste.”
In questi mesi l’attenzione mediatica non ha risparmiato forti critiche a Napoli, in molti casi il modo in cui i media hanno posto l’accento in maniera negativa sulla città ha suscitato la reazione dei napoletani , cosa ne pensa?”
“Anche se è una reazione naturale, i napoletani vivono ogni articolo o servizio che mette in luce i problemi della città come una lesa maestà, io invece penso che alcune criticità possono essere risolte solo se se ne parla, qui nessuno vuole gettare fango su Napoli, ma mi rendo conto che ci troviamo di fronte a un provincialismo esasperato, nascondere la polvere sotto il tappeto non serve a nulla. D’altra parte però, sono convinto che non bisogna parlare in negativo della città a tutti i costi.”
Eppure in Sicilia c’è una presa d’atto diversa della mafia da parte dei siciliani…”
“A Napoli non esiste una borghesia completamente sana, tutto è contaminato, e nemmeno degli intellettuali che si siano esposti, pensiamo all’antimafia in Sicilia. Le reazioni di questa città di fronte ai fenomeni della camorra sono stati deboli. La camorra non ha mai ucciso al di fuori dei criminali, se non per errore, mentre pensiamo ai giudici ammazzati a Palermo, qui non aveva bisogno di ammazzare magistrati. In Campania la Trattativa è superata, siamo alla convivenza. Lo Stato ha delegato alla camorra la gestione dei ceti deboli perché non è in grado di fare quello che uno Stato dovrebbe fare. Da noi nessuno ha preso una posizione netta, nemmeno la Chiesa, sono stati compiuti omicidi di gente innocente nella più totale indifferenza. Le Istituzioni hanno giocato di rimessa e spesso pretendono una collaborazione dal cittadino non dovuta, io credo che nessuno sia in dovere di fare l’eroe se non vuole, del resto lo stesso Giovanni Falcone diceva: non possiamo pretendere che i cittadini facciano gli eroi. A maggior ragione poi se lo Stato è ambiguo e non fa capire di essere un alleato ma chiede ai cittadini di aiutarlo, così non va.”
Secondo lei non si può pretendere dai cittadini di collaborare?
Credo che tale richiesta sia l’ammissione del fallimento delle Istituzioni, perché il cittadino deve fare quello che lo Stato non fa? A Caserta, ad esempio, l’automobilista rischia la multa se viene colto sul fatto a pagare un parcheggiatore abusivo, non dovrebbe essere così, il problema del racket dei parcheggiatori abusivi non lo deve risolvere il cittadino e allora iniziamo a pianificare un serio controllo del territorio, se lo Stato non riesce ad usare la sovranità che ha come può pretendere che a risolvere i suoi problemi sia il cittadino?”
Eppure spesso i cittadini si riuniscono in associazioni, come quella antiracket, per farsi coraggio…
“Il fatto che dei cittadini si debbano riunire per difendersi dalla criminalità rappresenta un fallimento per lo Stato. Così come quando ci viene chiesto di denunciare, io credo che non sia sbagliato se in questi casi prevale la logica del tengo famiglia, rivendico il diritto di essere vile proprio perché le Istituzioni non possono pretendere da noi quello che loro non fanno. Le denunce non sono un atto di coraggio in uno Stato dove tutto funziona perché così ammettiamo implicitamente di essere in inferiorità numerica, di divise e di credibilità ”
Come mai le Istituzioni non impongono la loro presenza?
“Perché questi fenomeni hanno qualche secolo e stanno sempre là, lo scontro finale non è mai avvenuto perché non si può ed è impensabile farlo, se tu elimini la criminalità elimini una grossa parte del Pil. Si è concesso a certi fenomeni di dilagare talmente tanto che conviene più contenerli che combatterli. La guerra si combatte con la normalità del funzionamento delle leggi, non è necessario che si facciano iniziative straordinarie.”