“Noi abbiamo fatto le nomine il 9 dicembre esattamente in tempo, come la legge prevedeva. Il presidente del Consiglio Letta ha firmato venerdì 10 gennaio il decreto. Alcune procedure di questo paese vanno sicuramente accelerate. Non è normale che noi tutti aspettiamo così tanto tempo per avere una risposta. Forse si poteva fare prima”. All’indomani della nomine di Giovanni Nistri, direttore del “Grande Progetto Pompei” e di Fabrizio Magano, vicedirettore, il ministro dei Beni culturali Massimo Bray a “Si può fare” su Radio 24 fa il punto sul rilancio degli scavi archeologici di Napoli. Prima di tutto la corsa contro il tempo per non perdere i circa 75 milioni di euro di fondi europei per i lavori di restauro. La squadra che avrà il compito di intervenire sul sito di Pompei e di rilanciare l’intera area per quanto riguarda il turismo deve ancora essere ultimata. “E’ subito partito – spiega Bray – l’interpello per la nomina del sovrintendente di Pompei che dovrà essere scelto dal direttore generale e tra poco partiranno anche gli interpelli per gli altri 20 esperti che dovranno affiancare Nistri a Magano. Verranno raccolti i curriculua dei candidati e poi verrà fatta una selezione”. Bray esclude che possano essere persi i fondi europei “perché cercheremo di lavorare in parallelo di accorpare alcune gare d’appalto (restauro, manutenzione, infrastrutture)”. Ma è vero che l’Unesco ha chiesto di avere tutto il dossier sugli interventi per valutare se togliere Pompei dai patrimoni dell’umanità? “Quando sono stato alla riunione dell’Unesco non c’è stato nessun dubbio sul fatto che Pompei possa uscire dai patrimoni tutelati dall’Unesco. Quindi no, non c’è nessun rischio”, risponde il ministro.
L’ultima polemica riguarda l’inaugurazione del centro commerciale costruito in questi anni a soli 500 metri dai resti di Pompei. Durante i lavori sono stati ritrovati degli importanti reperti archeologici che hanno fatto anche parlare di Pompei 2 ma ciò nonostante il cantiere non è stato bloccato. “Ogni volta che il mio ministero fa presente che noi stiamo costruendo sopra il patrimonio millenario di beni culturali di questo paese – osserva Bray – veniamo tacciati come quelli che vogliono impedire la modernità. Forse dobbiamo riconciliarci e pensare che il futuro di questo paese è in quei beni storico-artistici”. E alla domanda se si sarebbe opposto, fosse stato lui il ministro nel 2007 quando è iniziato il cantiere, Bray risponde: “Sicuramente si”.