Alessandro Corti
La pubblicità è l”anima del commercio. Ma i suoi trucchi non possono trasformare i cittadini in altrettante “mucche da mungere”, senza rispetto delle regole. Gli affari sono affari, si dirà . Il mercato è libero. Ci sono però dei settori dove la concorrenza è sicuramente più limitata. Ed è per questo che l’Antitrust non ha usato certo i guanti di velluto decidendo una maxi multa a Trenitalia per 5 milioni di euro. L’accusa? Semplice: nascondeva ai propri clienti le offerte economicamente più vantaggiose, massimizzando i guadagni. Non c’è nulla di male, certo, a fare profitti. Le Ferrovie, poi, sono state per decenni una delle aziende che ha bruciato montagne di soldi dei contribuenti.
Ma c’è un limite a tutto. E questo limite si può sintetizzare in una sola parola: trasparenza. Nessuno chiede alle aziende di servizi di non fare utili. E’ legittimo, invece, imporre alle imprese di dare un’informazione corretta ai propri utenti. Non solo perchè forniscono un servizio pubblico ma anche perchè agiscono spesso in posizioni di monopolio. O, come nel caso delle ferrovie italiane, di duopolio. I treni non sono, naturalmente, l’unico caso in cui le informazioni viaggiano a singhiozzo o sono volutamente “opache”.
Avete mai letto fino in fondo i documenti che accompagnano un normale contratto per l’apertura di un conto corrente bancario? O per la stipula di una polizza assicurativa? O, più semplicemente, i regolamenti che accettiamo quando ci iscriviamo alle piattaforme social come quelle di Facebook o di Google, veri e propri campioni del monopolio in rete. Anche su questi fronti l’Antitrust (questa volta europeo) ha acceso più di un faro ed ha sparato multe miliardarie. Per non parlare di quello che avviene, quotidianamente, con le offerte per cellulari: proprio recentemente è stata abolita la pratica che calcolava le tariffe della rete fissa non secondo il mese solare ma su quello delle quattro settimane, dei 28 giorni. Con il risultato di far lievitare i prezzi medi di quasi il 10%. Un modo per allungare il nostro anno da 12 a 13 mesi, senza neanche scomodare il calendario gregoriano. Pratiche anche queste sanzionate dalle autorità che tutelano i consumatori.
Il problema, però, non è solo quello di multare i comportamenti scorretti. Occorre, soprattutto, di prevenirli. Ma per farlo non possono essere sufficienti le attività di controllo e di monitoraggio. Nè le denunce che fioccano ogni giorno da parte delle associazioni dei consumatori. Si dovrebbe, invece, puntare a cambiare il modo di fare business, mettendo ai primi posto la dimensione etica dell’impresa, il suo valore sociale. Sarebbe il modo migliore per farsi pubblicità , con trasparenza e senza trucchetti. Una strategia che, alla lunga, sarebbe premiata dagli stessi consumatori.