di MONICA CAPO
Sono 450 ad oggi le associazioni e le cooperative che, da Trento ad Agrigento, gestiscono i beni confiscati alle mafie e l’80% passano attraverso gli enti locali.
Ma, a 16 anni, dall’entrata in vigore della legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati tra lentezze burocratiche e beni bloccati va evidenziato che ancora non esistono né un elenco per attingere agli amministratori giudiziari e neanche l’anagrafe dei Beni.
A questo si aggiunga il fatto che, come ha ribadito proprio in questi giorni, il capo della Procura Nazionale Antimafia, Franco Roberti, nei Tribunali mancano competenze specifiche che semmai, consentono al camorrista di turno, di rientrare in possesso del bene confiscato, per vizi procedurali.
E, anche in Campania. sono tante le buone pratiche di cooperative e associazioni che danno lavoro a centinaia di persone, sottraendo forza e credibilità alla criminalità organizzata, come il fondo Selva Lacandona, così denominato in onore dell’omonima foresta del Chiapas, in Messico e dedicato ad Amato Lamberti, studioso e avversario della camorra.
Un piccolo miracolo avvenuto a Chiaiano, quartiere periferico di Napoli, nel quale è presente una selva con borghi contadini, boschi di castagne ed aree agricole ma dove ci sono anche numerose cave utilizzate dalle varie famiglie camorristiche locali, come discariche illecite per sostanze pericolose provenienti da tutta Italia.
Dopo essere stato abbandonato dalle istituzioni, per circa 13 anni, il bene confiscato, appartenuto ai Nuvoletta, famiglia di camorristi molto potente, affiliata anche a Cosa nostra, è stato affidato all’associazione (R)esistenza anti-camorra, il cui Presidente è Ciro Corona e finalmente restituito ai cittadini per produrre economia dal basso (attraverso la realizzazione di orti sociali) e avviare progetti di inserimento lavorativo di adolescenti e minori, unica alternativa concreta al lavoro criminale.
Ebbene, oggi un’associazione satellite del Pd di Scampia, Genitori Democratici Napoli, vorrebbe illegittima la gestione del fondo e per questo ha presentato un ricorso al Tar.
Naturalmente, viene da chiedersi dove fosse la politica locale quando era la camorra ad occupare quei terreni nonostante la confisca, e come ci si possa accanire contro chi è riuscito in questi anni a creare un’isola felice che ospita sei detenuti in affidamento al lavoro e tre comunità alloggio per minori, che ha siglato un protocollo col dipartimento di giustizia minorile e che vede 350 ragazzi venire a formarsi da tutt’Italia e lavorare nel periodo estivo.
Come ci si possa accanire, insomma, contro chi piuttosto che piegarsi ha fatto “un pacco alla camorra” (http://www.ncocommercio.com/it/).
Ora, la Cooperativa (R)esistenza, chiede di lavorare tutti insieme affinché si faccia un bando e, nell’attesa, Domenica 26 farà la prima vendemmia abusiva per ribadire che quel posto è del popolo e non certo della politica.
Perché #infondoresisto.