Il Sole 24 Ore ha elaborato dati Svimez, Istat e Infocamere per costruire un indice su base regionale e provinciale del “disagio del Mezzogiorno”. Gli indicatori descrivono una realtà con molte differenze tra le singole province, dalle situazioni di ritardo estremo ai primati locali. Ci sono piccole “eccellenze” nascoste, come le startup innovative di Potenza e Catania, l’export di Cagliari, la solidità manifatturiera di Bari e di Salerno, o comunque province che quantomeno reggono un po’ meglio delle altre come Avellino per il tasso di occupazione giovanile, Benevento per giovani che hanno più della licenza media. Tende ad emergere un parziale dualismo all’interno degli stessi territori, comunque nel solco di una rappresentazione dominante: un drammatico gap del livello dei servizi pubblici nelle regioni meridionali che – secondo la Svimez – sta diventando prevalente anche rispetto alle performance economiche che invece sono meno distanti. Se il 2015 e il 2016 hanno allineato per crescita del Pil le macroaree del Paese, una maggiore divaricazione ha denotato i cosiddetti diritti di cittadinanza: vivibilità dell’ambiente locale, standard di istruzione, idoneità e disponibilità dei servizi sanitari e di cura per adulti ed infanzia, efficienza dei trasporti locali.