di SIMONA D’ALBORA
Era sarcastico Edoardo Bennato nel 1989 quando cantava Vendo Bagnoli, ne parlava come di un affare per l’acquirente, e la vendeva con le sue ciminiere, pochi anni prima che proprio l’area occidentale di Napoli, già in crisi, entrasse tutta nel vortice delle tre D: debiti, disoccupazione e degrado. Cosa resta di questa canzone, cosa resta di una Bagnoli con colline verdi e mare blu? Resta un fallimento e venti anni di una politica che non ha saputo dare risposte non solo all’intera area, ma anche all’occupazione, all’economia, e alla salute di chi ci vive.
BAGNOLI E TUMORI
Bagnoli è il quartiere napoletano, insieme a Fuorigrotta e Pianura, dove si muore di più di tumore, o per lo meno vi è la più alta incidenza o prevalenza di tumori, come si evince da uno studio condotto dall’Angir e commissionato dall’ allora assessore comunale Pina Tommasielli. Si tratta di uno studio che prende in considerazione l’arco di tempo dal 2004 al 2009 e che ha riscontrato proprio a Bagnoli e comunque nell’area ovest della città, una incidenza e prevalenza del mesotelioma, un tumore strettamente collegato all’attività lavorativa industriale e correlata all’utilizzo industriale dell’amianto. Insomma questo è il primo dato che emerge ed è preoccupante in un’area dove per decenni ha premuto l’attività industriale della città e dove, una volta dismessa, non si è proceduto a una corretta bonifica.
LE BONIFICHE OGGETTO D’INCHIESTA
Le procedure poco corrette nell’attuazione delle bonifiche, infatti, sono state oggetto di un’inchiesta da parte della magistratura e hanno portato al rinvio a giudizio per truffa e disastro ambientale di alcuni componenti di Bagnolifutura spa, la società controllata dal comune di Napoli e incaricata della riqualificazione urbanistica, e al sequestro dei terreni dell’area industriale. E questo è solo uno dei più drammatici epiloghi di uno dei luoghi che avrebbe potuto rappresentare un’occasione per Napoli, ridotto ad essere una zavorra della città. La storia inizia proprio con la dismissione delle industrie presenti nell’area e il ventaglio di possibilità che si potevano aprire proprio con una seria riconversione del territorio che coinvolgesse i lavoratori e rilanciasse Bagnoli.
Del resto tra Piano regolatore e varianti, gli stessi amministratori che si sono succeduti si erano impegnati per la riqualificazione di quell’area, ma una serie di scelte sbagliate, l’incapacità forse di guardare oltre gli interessi politici, una cattiva amministrazione, ma anche forse il disinteresse hanno portato a un disastro.
CHE FINE HA FATTO IL COMMISSARIO?
Una volta dismesse le fabbriche e dopo che i terreni furono affidati prima a Bagnoli spa, strumento ad hoc dell’IRI per l’attuazione del “Piano di recupero ambientale dell’area di Bagnoli”, poi a Bagnolifutura spa, il primo passo verso la riconversione, una corretta bonifica, non è mai stato fatto e adesso ci troviamo al paradosso che nemmeno la norma su Bagnoli, contemplata nel decreto sblocca Italia, approvato nello scorso dicembre ha portato a un’inversione di rotta. La norma prevedeva la nomina di un commissario che procedesse alle bonifiche dei terreni per e alla programmazione urbanistica ed economica del territorio, ma ad oggi, ad otto mesi dalla decisione del Governo, ancora non si hanno notizie del Commissario, sfuma il nome di Graziano Delrio e sfuma anche quello di Raffaele Cantone. Sembra che Renzi abbia proprio dimenticato tutte le promesse fatte il 14 agosto, quando aveva garantito che Bagnoli non sarebbe stata abbandonata. La norma, poi, inserita a dicembre nel decreto sblocca Italia, aveva suscitato reazioni del sindaco Luigi De Magistris che non voleva venisse scippata all’amministrazione comunale una delle sue prerogative quella di intervenire attraverso piani regolatori e varianti all’assetto urbanistico di un’area della città.
FALLIMENTO DI BAGNOLIFUTURA SPA
Dal 1992 ad oggi, la situazione è ferma al palo e sembra che nemmeno un commissario potrebbe risolvere l’intricatissima situazione nella quale si trova Bagnoli. Il fallimento di Bagnolifutura spa, infatti ha portato al sequestro di intere aree e ciò che non è stato sequestrato dalla magistratura è in procedura fallimentare affidata a curatori fallimentari. Servirebbero circa 200 milioni di euro per appianare i debiti contratti con la Fintecna per l’acquisizione dei terreni. Debiti che si aggiungono agli oltre 300 milioni di euro già buttati via da Bagnolispa e poi Bagnolifutura spa che non hanno mai proceduto alla corretta bonifica.
Una vicenda paradossale se si pensa che Bagnoli avrebbe tutte le potenzialità per diventare davvero un’occasione per la città.