Negli ultimi dieci anni la Svimez lancia, in sequenza regolare e di progressiva intensità, l’allarme Mezzogiorno. Il suo presidente Adriano Giannola ha messo in fila, con scientifica puntualità, i numeri di un persistente divario interno, frutto della scellerata scelta delle forze politiche egemoni nel nostro Paese – con la sola, effimera eccezione del governo Gentiloni – di concepire un rilancio della crescita italiana senza il Sud e contro il Sud. Qualcuno ha parlato di venti anni di solitudine per il Meridione, coincidenti con la nascita del fenomeno leghista e la sua affermazione come forza di governo.

Negli ultimi giorni aparlare di Mezzogiorno reietto è il presidente degli industriali di Napoli, Vito Grassi, che lo dice chiaro e forte dal recente meeting di Rimini: Il Sud è stato cancellato, completamente trascurato il dramma lavoro, il sottosviluppo, i giovani che lasciano le regioni del Mezzogiorno…”.

Ma per Aurelio Musi, intervenuto sulle pagine di Repubblica Napoli il 21 agosto, la vera minaccia per il Sud è “il falso mito dei neoborbonici”. Il suo commento fa da controcanto a Pino Aprile che, intervistato da Roberto Fuccillo, annuncia l’intenzione di lanciare a Potenza un nuovo movimento politico, denominato “Azione politica meridionale”. Un controcanto che non va troppo per il sottile, a dire il vero. Per Musi il problema è il napoletanismo, neoborbonismo, duosicilianismo, e infine “terronismo” che alimentano le argomentazioni e il linguaggio del giornalista e scrittore pugliese al quale “ha arriso un successo straordinario con tanti libri che “hanno venduto decine di migliaia di copie…”. Il problema è Pino Aprile, la minaccia è il suo movimento, che evidentemente inquieta ancor prima di emettere vagito, molto prima che sia stabilita la sua piattaforma politica. Ancora deve nascere e già fa paura.

 

PROSPETTIVE VELLEITARIE

I dati dell’economia meridionale sanciscono un divario che si aggrava anno dopo anno.Una intera generazione di italiani – che evidentemente vengono dopo o mai – è alla disperazione. Ma il problema e la minaccia si concentrano a Potenza. Musi lo afferma apertisverbis. A Potenza si raccolgono uomini e idee che rinviano a “prospettive velleitarie”sì, purtuttavia assai pericolose perché “alimentano spinte separatiste”. Avete letto bene: spinte separatiste. Ma scusi tanto, professore… Ma non è la Lega che parla da trent’anni di secessione? Non è la Lega che la pratica, in maniera aperta ieri e oggi strisciante, ultimamente con le richieste di autonomia differenziata?

 

E’ un vero peccato che a uno studioso attento come Musi sia sfuggito il senso di tanti interventi pubblicati, anche sulle stesse colonne, da un politico e accademico di indiscutibile valore, il costituzionalista Massimo Villone. Volendo non avrebbe dovuto fare nemmeno lo sforzo di andarseli a cercare i suoi articoli: avrebbe potuto scaricare il saggio dal link della Editoriale Scientifica, intitolato “Italia, divisa e diseguale.Regionalismo differenziato o secessione occulta?”. Dove si afferma che il pericolo vero – la minaccia – viene dal rischio di secessione insitonel regionalismo differenziato privodei contrappesi di una necessaria, e costituzionalmente garantita, perequazione. Il vero pericolo per tutti (salvo che Musi, va senza dire) è la prevaricazione dei “diritti di cittadinanza di un Paese diviso” (Svimez). Viene dal riemergere in forme nuove (cioè come regionalismo a geometria variabile) dell’obiettivo mai deposto dalla Lega di una secessione, palese o occulta, che data ai tempi del passaggio di testimone da Gianfranco Miglio a un giovane e rampante Umberto Bossi, a cavallo tra il 1987 e il 1991 (Villone).Quando l’emergente leader introdusse nel lessico della Lega il traguardo della nascita di una “Repubblica del Nord”, intento che è rimasto sullo sfondo per i successivi venti anni, assumendo la forma più annacquata e apparentemente più compatibile con la Costituzione, prima di “macroregione del Nord in assetto federalista” e poi, per l’appunto, di autonomia differenziata, altrimenti detta “secessione dei ricchi” (Viesti).

 

IL VULNUS AUTENTICO

Villone stigmatizza senza mezzi termini il regionalismo differenziato.E’ un autentico vulnus per il Sud. “Almeno nella declinazione in atto – afferma riferendosi alle richieste in corso di Emilia Romagna, Veneto e Lombardia – sono in prospettiva un danno grave per il Mezzogiorno”.

Ma per Musi il problema è il rischio di secessione neoborbonica. Che si cela nel movimento di Pino Aprile, poiché su di lui cade la grave responsabilità – udite udite – di “fare leva sull’autodifesa dell’identità per differenza nel mondo globalizzato…”. E scusate, mica possiamo essere differenti e identitari, come tutti gli altri popoli, noi “terroni”…

La minaccia non è la secessione reale, strisciante, che il governo a trazione leghista ha spinto fino ai banchi del Parlamento, a cui hanno posto per fortuna un argine il premier Conte e il presidente Mattarella. La minaccia è la secessione “potenziale” che Musi intravede. Sebbene nell’intervista ospitata nella pagina a fianco Pino Aprile, a precisa domanda,risponda a chiare lettere: “Mi muovo in una prospettiva di un Paese unitario, dove regni l’equità”. Due sono le ipotesi, la terza non sussiste. O quest’anno il solleone ha fatto scherzi più brutti del solito o gli occhiali del professor Musi sono da cambiare con urgenza.

Amerigo Ormea