A chi dice che il Sud può aspettare, che se si vuole sbloccare l’economia del Paese dopo il lockdown è necessario far ripartire “subito il Nord” e “prima il Nord”, portategli ad esempio il caso della OMI – Officine Meccaniche Irpine. E parlategli di Aquilino Villano. Della sua singolare storia di imprenditore self-made, che dal nulla ha costruito, all’indomani del terremoto in Irpinia, prima uno, poi due, poi quattro stabilimenti tra Lacedonia e Vallata, in provincia di Avellino. Quattro siti industriali che a pieno titolo rientrano le realtà industriali riunite nel Distretto aerospaziale campano presieduto dal professor Luigi Carrino, che presenta così il raggruppamento di aziende ad alto contenuto tecnologico: oltre 160 imprese grandi e piccole, unite a realtà di primario livello scientifico come CIRA, CNR, ENEA, Fondazione FORMIT e le 5 Università campane con corsi di ingegneria. Obiettivo? Sviluppare e consolidare l’integrazione delle capacità di tutte le eccellenze industriali della Campania.
IL MIDOLLO DEL LEONE
Lacedonia dista una novantina di chilometri da Avellino. Vallata una ventina in meno. Sommandoli, gli abitanti dei due centri non arrivano a un quinto, un sesto o un sedicesimo della popolazione di un quartiere di Napoli. Poca roba per i politici a caccia di consensi. Tuttavia sono snodi territoriali dell’Irpinia che in effetti respirano a pieni polmoni più l’aria della Daunia, più Puglia e Basilicata che Campania, dislocati laddove la valle del Cervaro coabita con l’Irpinia. “Territori dell’osso”, li definiva la famosa metafora Manlio Rossi Doria, contrapposti ai “territori di polpa”, vale a dire le zone costiere. Ma la rappresentazione di marginalità e divaricazione economica che si era profilata, nel Dopoguerra, tra aree interne e le poche pianure alle pendici della dorsale dell’Appennino, con i marcati squilibri tra entroterra e costa, montagna e pianura,non vale più. Da qualche anno è una narrazione che non corrisponde più alla realtà. Molta acqua è passata sotto i ponti del Calaggio. L’Irpinia con il volto teso alla Puglia si è evoluta, agganciando a suo modo la modernità, divenendo uno spalto dell’Italia integra dal punto di vista ambientale, ricca di tipicità artigianali e, ecco un aspetto singolare,non priva di una discreta vocazione industriale.
NON SOLO TURISMO
Si potrebbe dire che aree protette, turismo e altre forme locali di economia sono riuscite ad arginare anche qui, almeno in parte, l’abbandono della collina interna, i fondovalle secondari, dei coltivi di pendio. Ma il merito di questo Sud custode dei valori che persistono, ha trovato un argine – tra Vallata e Lacedonia – anche nell’industria tecnologica, sostenibile, non estrattiva. Divenuta l’emblema di un Sud che non aspetta alcuna manna, che promuove lo sviluppo del territorio anche senza (e anche contro) condizioni a contorno molto critiche, spesso aspramente sfavorevoli. Qui c’è un Sud che non aspetta più. Il suo emblema vessillifero è Matera, divenuta capitale europea della cultura con la stazione in cui il treno non è mai arrivato.
L’ARMA DELLA RESILIENZA
Diciamola così, per essere chiari: non arriva l’allacciamento alla rete del gas per gli impianti di produzione di Vallata? Beh, si può andare avanti in autonomia con un bombolone per il Gpl. E ancora a Vallata: non c’è connessione alla rete Internet? Che si fa? Si installa una parabola sul tetto dello stabilimento di Lacedonia e si “spara” la linea direzionandola verso le fabbriche di Vallata, a pochi chilometri in linea d’aria.
Ecco: a Bonaccini, a Fontana, a Sala e a Zaia, alle tante voci e volti del “Nord che deve ripartire e del Sud che può aspettare”, raccontate di Omi. Ditegli di Aquilino Villano, alla soglia di ottant’anni vissuti intensamente, ancora attivo sul ponte di comando. Raccontategli la sua impresa che dà lavoro a circa centoventi dipendenti. “Ma il dato è fasullo – sottolinea Villano -, perché avremmo potuto fare di più. Forse ancora potremmo fare di più…”.
SCUSATE SE (NON) E’ POCO
Oltre alla partecipazione industriale ad importanti programmi velivolistici di Leonardo, Airbus, Boeing e Lockheed Martin, l’azienda vanta un reparto sperimentale per componenti e processi innovativi basati sui materiali compositi anche a supporto dell’aviazione generale. E produce ogni anno oltre 80.000 parti ed assiemi per fusoliere, ali e superfici mobili assicurando la gestione di tutte le fasi del ciclo produttivo, dalla progettazione preliminare alla realizzazione e al supporto presso i clienti. Grazie alla grande versatilità dell’officina meccanica ed ai nuovi investimenti nel settore dei materiali compositi, è in grado di soddisfare le richieste di prodotti per velivoli militari e civili, sia in termini di tecnologie dei materiali (leghe di alluminio, titanio, acciaio, materiali compositi), sia in termini di dimensioni potendo realizzare componenti fino a 14 m di lunghezza. “Operiamo– dice il fondatore – nel settore aerospaziale da oltre trent’anni e nel settore siamotra i leader nelle lavorazioni meccaniche. Realizziamo, per esempio, grandicomponenti al titanio per gli F35 della Lockeed. Sempre seguendo l’ambizione di completare il ciclo produttivo per soddisfare tutte le esigenze di configurazione strutturale per velivoli ad ala fissa o ala rotante”.
Scusate se è poco. Tra Lacedonia e Vallata, snodo della autostrada che da Napoli arriva alle porte della Puglia. Dove a distanza di cinque anni dai nuovi insediamenti ancora non c’è gas e non c’è internet. Che vuol dire fare impresa in queste condizioni? Se vi sembra poco, provate a farlo voi: Bonaccini e Zaia, Fontana e Sala. E tutti quelli che “… è colpa del Sud, tutto pizza e mandolino, sempre vittimismi e piagnistei”.