L’ex Penitenziario costruito nel 1890 e inglobato nel Castello Svevo simbolo di Augusta, che rischia di Far collassare le volte del Maniero federiciano, potrebbe essere demolito secondo il progetto di restauro e consolidamento della soprintendenza ai beni culturali di Siracusa. Una scelta che ha scatenato polemiche. Il consiglio comunale ne discuterà nei prossimi giorni in una seduta monotematica con la Soprintendenza e i consulenti delle associazioni culturali. Italia Nostra si oppone all’abbattimento: “Lo consideriamo non soltanto un bene monumentale, culturale e storico ma parte integrante del nostro paesaggio”.
Italia Nostra propone invece il consolidamento delle fondazioni dell’ex carcere che potrebbe diventare così un museo della detenzione del brigantaggio. “I restauri devono essere utilizzati non per la distruzione Ma per la costruzione e successiva fruizione del nostro bene monumentale”. La sezione locale di Italia Nostra ha fatto appello al presidente Musumeci e all’assessore regionale Samu. “Vogliamo ridurre al minimo le demolizioni a quelle parti che si rendono necessarie e per questo la prima azione saranno delle indagini sia sulla struttura ma sia geologiche per verificare l’intero corpo”. Un progetto che rappresenta una grande sfida per la Regione Siciliana.
“Il castello di Augusta, del 1231, con funzione miliare e commerciale per lo stoccaggio delle merci in uscita dal porto, ricalca lo spazio del chiostro cistercense”. Così scrive “La grande storia dell’arte”, edita da Electa Mondadori, nella sezione su “La rinascenza sveva di Federico II“. La fortezza sul promontorio che separa il golfo Xifonio da quello Megarese, è citata fra le opere più significative che l’imperatore svevo edificò nel suo regno. L’enciclopedia titola quel capitolo storico come “l’arma delle cultura“. Ma oggi è proprio il mondo della cultura che si ribella alla Soprintendenza, per il restauro che prevede vaste demolizioni su un monumento modificato molte volte in 8 secoli. Una costruzione così densa di storia, è anche densa delle storie di cui è stata artefice o testimone. Perciò, quando si è diffusa la notizia che sarebbero state abbattute le “superfetazioni” realizzate dall’Ottocento in poi per trasformarlo in un carcere, è stata subito un’alzata di scudi. Quei bracci di reclusione e quelle celle che di “borbonico” hanno solo l’accezione negativa, ma non la genesi effettiva, ormai fanno parte del lungo percorso storico della città. E in quanto tali devono essere conservati, come una testimonianza scritta in mattoni e cemento.