Arriva dall’Italia Anis Amri, il killer del mercatino di Natale di Berlino. La sua vita in Europa ha inizio nel 2011, al centro di detenzione minorile di Lampedusa. Poco tempo dopo viene arrestato per incendio, lesioni, minaccia e appropriazione indebita ed è condannato a 4 anni. Quando esce, ad attenderlo c’è un decreto di espulsione ma in Tunisia non rientrerà mai. E intanto si ipotizza che dietro il falso documento d’identità italiano utilizzato dall’attentatore potrebbero celarsi sospetti contatti con gruppi fondamentalisti presenti nel nostro Paese. Cellule in grado di fornire supporto logistico agli immigrati giunti in Italia, come lo stesso tunisino sospettato della strage. Intanto, in queste ore, dopo l’attentato al mercatino di Natale a Berlino, in Germania monta la questione politica: l’attacco alla cancelliera Angela Merkel e alle sue politiche di accoglienza. Ieri sera, gruppi di neonazisti dell’Npd, militanti del movimento anti-immigrati Pegida e aderenti ad Alternative für Deutschland hanno organizzato una serie di manifestazioni nella capitale tedesca. E in Italia vengono rimodulati i piani di sicurezza: Dall’attentato di Berlino Marco Minniti, ministro dell’interno, ricava una lezione strategica: le azioni dei «lupi solitari» possono essere contrastate solo da una rete che va dall’intelligence fino al vigili urbani. Dunque, «non ci saranno più liste di obiettivi uguali in tutta Italia, ma misure modulate rispetto alle realtà di Regioni e Comuni che sono diverse e come tali devono essere trattate». La linea dettata durante il Comitato di analisi strategica, convocato al Viminale lunedì, viene resa pubblica con la decisione di partecipare al comitato provinciale convocato a Roma ieri pomeriggio