Il 17 dicembre, dopo un silenzio durato più di un anno, viene resa nota la decisione della Ministra Lamorgese di non procedere allo scioglimento dell’Asl Napoli 1 per presunte infiltrazioni camorristiche, per mancanza dei presupposti richiesti dalla normativa vigente e di elementi concreti su collegamenti diretti e indiretti con la criminalità organizzata. Negli accertamenti della Commissione di accesso ministeriale non si ritrova dunque traccia di quei collegamenti che, al contrario, erano stati evidenziati dalla Direzione Investigativa Antimafia. Il San Giovanni Bosco, la struttura ospedaliera dell’area Nord di Napoli, secondo quanto emerso infatti dalla relazione investigativa antimafia, era diventato una sorta di quartier generale dell’Alleanza di Secondigliano ed in particolare del clan Contini che “gestiva” l’ospedale come base logistica: luogo di incontro tra boss e di ricevimento delle vittime di estorsione, luogo di potere per assunzioni “familistiche”, ma anche erogatore di prestazioni mediche ai propri affiliati con un controllo sulle liste dei ricoveri e delle prestazioni sanitarie.Irrompe così oggi un’altra verità e un’altra narrazione, decretata dagli accessi e dalle indagini della Commissione ministeriale, che contraddicono le ispezioni e gli accertamenti dell’operazione anticamorra che portò a 126 arresti e le dichiarazioni del Procuratore Capo della Repubblica di Napoli, che evidenziavano, in tutto o in parte, l’immagine di un ospedale-quartier generale di clan camorristici.Due racconti diversi di uno stesso luogo e un nuovo rinvio alle Autorità competenti, stando all’esito del Decreto del Ministro, affinché alle “criticità riscontrate” segua l’adozione di “misure necessarie al ripristino della correttezza e della legalità…”: quanto basta a generare una preoccupazione che rende ancora più pressante la necessità di chiarezza per la tutela stessa dell’Azienda: la più grande d’Europa, con oltre seimila dipendenti, al centro di ingenti finanziamenti che l’hanno interessata e ancor più la interesseranno nei prossimi tempi. Ma al centro degli accertamenti della magistratura sono anche la costruzione di strutture anti-Covid e le modalità di effettuazione dei tamponi, accertamenti che hanno visto coinvolti, i più stretti collaboratori del Presidente della Regione, nonché assessore alla salute e commissario alla sanità. A partire da Luca Cascone, interessato, secondo quanto emerso da diversi organi di stampa, da ipotesi di turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture, per i tre ospedali Covid, cui si aggiunge il direttore dell’Istituto Zooprofilattico, indagato per turbativa d’asta, che, secondo quanto emerge dagli organi di stampa, ancora senza averne titolo, autorizzava un laboratorio privato per far analizzare i tamponi. Lo stesso laboratorio a cui, per una straordinaria coincidenza, fu assegnato l’appalto per l’analisi dei tamponi con un bando notturno durato poche ore. E ancora, Ciro Verdoliva, capo dell’ASL Napoli 1, anche lui implicato in processi giudiziari. Insomma, lo spaccato preoccupante che si rileva dagli organi di stampa, delinea e traccia un modus operandi che affonda le sue radici in un complesso apparato di potere. Su tutto ciò, il silenzio assordante del Partito Democratico e della classe politica nazionale. Ma ancora più grave è il silenzio sulle recenti nomine del Governatore che mettono in luce, come ha scritto Isaia Sales, un “sistema feudale” ben collaudato. Prima fra tutte, il ritorno del fedelissimo Nello Mastursi, designato quale capo della segreteria particolare del Presidente. Condannato in abbreviato in primo grado a 18 mesi per aver “promesso” al marito di una magistrata un incarico, guarda caso, nel settore sanitario, implicato nel mettere al riparo, nel 2015, il governatore dalle procedure relative all’applicazione della legge Severino, Mastursi è stato l’uomo chiave delle elezioni regionali scorse: colui che ha seguito le liste con una carrellata di trombati della politica, di indagati e imputati eccellenti e di fedelissimi alla corte del presidente. Di fronte a tale nomina, tace il PD napoletano, tace il PD romano, tacciono i 5 stelle, tace una certa stampa. Nessuna parola rispetto ad una nomina tanto ingombrante quanto imbarazzante sul piano etico e politico; meglio il silenzio che dare conto di fatti, circostanze e situazioni. Meglio rimanere in silenzio per evitare improperi e attacchi e lasciare al Presidente De Luca la libertà di comportamento e di espressione che va al di là di codici etici tante volte richiamati dal partito.E ancora sotto silenzio passa anche la tentata (fallita) spallata alla città di Napoli, portata avanti con la complicità del PD napoletano, dei 5 stelle e di alcuni consiglieri che non si sono sottratti all’ipotesi alla prospettiva del commissariamento del Comune, votando di fatto contro il bilancio. Un modus operandi, messo in campo proprio quando dal Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, si levava la voce di denuncia del mancato miracolo sanitario campano, che portava all’attenzione del Governo nazionale la sofferenza e il grido dei medici, dei familiari dei deceduti, degli operatori sanitari, degli ordini professionali, degli esperti, dei pazienti isolati, della Campania finora rimasta gravemente inascoltata. Movimento demA