E’ in svolgimento nel complesso di San Domenico maggiore la prima rassegna sull’Arte che cura, dedicata alle potenzialità di suscitare la trasformazione che detengono i linguaggi della creatività. Una iniziativa ideata da Massimo Doriani (psicologo, Psicoterapeuta, direttore dell’Accademia Imago, sede della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia “Mosaico) e dall’avvocato Giuseppe Brandi che con l’intenzione di suscitare un movimento di opinione sul tema hanno anche concepito un Manifesto.
L’intenzione dichiarata è fare in modo che tutti, specialmente i più giovani, abbiano la possibilità di dominare disagio e momenti critici facendo appello all’energie dell’inconscio, che sono sempre sollecitate e alimentate dall’esperienza artistica ed estetica. L’obiettivo non sottaciuto è: una casa per l’Arte che cura. Nell’intervista che segue l’avvocato Brandi spiega anche quali implicazioni hanno gli argomenti al centro della rassegna con la possibilità di suscitare competenze e risorse del terzo settore e del privato sociale.
Avvocato Brandi, dieci giorni per l’Arte che cura. E poi?
E a seguire un progetto per dare una casa, una sede stabile, alle attività connesse ai linguaggi creativi come strumento per intervenire sul disagio individuale e sociale.
Ci faccia capire, come fa l’arte a curare il disagio?
Glielo dico con una specie di parabola. Immaginiamo che Pino Daniele non avesse avuto due ziette nel palazzo di fronte al suo basso. Immaginiamo che fosse rimasto laggiù a vivere a un palmo dal marciapiede. Senza andare a scuola, senza studiare, senza una chitarra su cui provare i primi accordi… Probabilmente Napoli avrebbe avuto un poeta di meno e un parcheggiatore abusivo in più. Lo stesso discorso vale per altri musicisti, numerosi altri.
Vuole dire che l’arte offre una prospettiva positiva e mitiga il dolore di vivere?
L’arte cambia il destino delle persone, se diventa una professione. Ma in tutti gli altri casi dà un senso alla vita. Permette di cogliere il senso della vita che, senza l’arte, resterebbe oscuro. Il movimento culturale che vogliamo suscitare con il nostro Manifesto pone al centro l’Arte come fonte di benessere e punta senz’altro contribuire al recupero e allo sviluppo educativo dei ragazzi difficili del nostro territorio, offrendo opportunità alternative a quelle già esistenti (poche), anche organizzando momenti culturali, ludici e artistici, attraverso percorsi partecipativi.
Un avvocato tra psicologi e artisti. Che ci fa? Non è un pesce fuor d’acqua?
No, perché?Da sempre sostengo che l’arte è un’importante fonte di crescita e di benessere sociale e individuale.Ecco perché con l’amico Doriani, a ideare e condividere il progetto. Certo, con un ruolo, quello di avvocato, utile per tracciare il percorso da seguire anche a quanti decidessero di entrare nel Terzo settore erealizzare interventi di tipo educativo e psicosocialeutilizzando gli strumenti dell’arte.Il mio intento è guidarli nella scelta della forma giuridica adeguata.
Terzo settore, che cos’è e come c’entra nel contesto dell’Arte che cura?
Il Terzo Settore nasce in risposta all’impossibilità dello Stato di far fronte all’intera domanda di beni pubblici espressa dai cittadini; il concetto, pertanto, si viene a confrontare con quello di “pubblico non statale”. In generale con Terzo settore si intende quel complesso di enti privati che si pongono all’interno del sistema socio-economico e si collocano tra Stato e Mercato (appunto “terzo”) e che sono orientati alla produzione di beni e servizi di utilità sociale. Mancano ancora i criteri in base ai quali definire quale ente appartiene al Terzo Settore e quale no. Siamo ancora in attesa dei decreti legislativi di attuazione della recente legge di riforma. E ciò crea notevoli problemi agli operatori del diritto, ma anche agli amministratori pubblici che si trovano a dover stipulare determinati rapporti con enti di volontariato, per esempio.
Per esempio quelle connesse al network della Chiesa?
Sarà determinante anche la collaborazione con le istituzioni, le imprese e la Chiesa.Le istituzionidovrebbero favorire una maggiore partecipazione attiva dei cittadini, dando impulso al mondo dell’associazionismo in tutte le sue articolazioni. Dovrebbe fornire alle associazioni strutture e spazi idonei ad operare nel sociale e nella cultura affinché possano svolgere le proprie attività senza essere schiacciate dai costi di gestione, coltivando gli interessi dei cittadini e favorendo la socializzazione e il dialogo. La Chiesa può certamente contribuire ad alimentare una nuova proposta educativa anche attivando, con rinnovato dialogo con le istituzioni, iniziative di formazione al lavoro e sostenendo la imprenditorialità giovanile
E le imprese?
Quanto alle imprese, poi, conforta il fenomeno, che si fa sempre più strada, di forme di collaborazione tra soggetti diversi, aventi finalità e mercati differenti, come ad esempio, le partnership tra mondo profit e imprese sociali. In tale ottica, le istituzioni, anche locali, devono incentivare di più le relazioni tra aziende profit e non profit, sia per migliorare i servizi sociali tradizionali e implementare l’imprenditoria sociale, sia per favorire la esternalizzazione delle attività di welfare aziendale delle imprese profit.
Quindi l’Arte che cura cerca casa…
E la troverà. Di questo possiamo essere certi.