Quella che si abatte su De Luca è una vera bufera politica. Il governatore della Campania, “‘o sceriffo”, come è stato soprannominato, aveva ironizzato sulla “crociata del totano arrostito” contro di lui, avendo fatto pressione sui 300 amministratori campani riuniti a Napoli – in testa Franco Alfieri, sindaco del paese salernitano di Agropoli e suo amico personale – per portare a casa quanti più Si al referendum, anche offrendo una frittura, una gita in barca”- Voto di scambio per i 5Stellee le opposizioni, che chiedono alla commissione Antimafia di aprire un dossier. L’intreccio diventa micidiale, perché l’Antimafia è guidata da Rosy Bindi contro la quale De Luca si era scagliato dicendo che è «infame da ammazzare». Alla fine la Bindi, su mandato della commissione, chiederà le carte alla Procura di Napoli per valutare se De Luca ha avuto un comportamento mafioso. Nella manovra intanto, proprio ieri sera ha avuto il via libera la “norma De Luca”, che consentirà al governatore di diventare commissario alla Sanità della sua regione. Per Massino Giannini sulle colonne di Repubblica “dietro il caso De Luca non c’è un ipotetico caso giudiziario, ma un ciclopico scandalo politico. La Procura di Napoli valuterà se la “chiamata alle armi” pronunciata dal presidente della Regione con i sindaci campani in vista del referendum del 4 dicembre prefigura qualche violazione di legge. La Commissione Antimafia, acquisite le informazioni dai magistrati partenopei, valuterà se procedere a sua volta, secondo la normativa vigente. Ma non c’è bisogno di aspettare questi riscontri, per dare un giudizio su quello che è avvenuto. Perché quello che è avvenuto non riguarda il codice penale, ancora inviolato fino a prova contraria. Ma chiama in causa il codice etico, già clamorosamente abusato”.