Più della metà dei trentenni italiani, nel 2014, vive con la paghetta dei genitori (51%) o dei nonni e altri parenti (3%), costretti ad aiutare i giovani fino ad età avanzata. Accetterebbero qualsiasi lavoro, sono pronti a espatriare, non conoscono i nomi dei politici ma chiedono al governo interventi concreti. E arriva anche la proposta: l’inserimento dell’obbligo di una “quota giovani” per le assunzioni in società pubbliche e private. È quanto emerge dalla prima analisi Coldiretti/Ixè su “Crisi: i giovani italiani e il lavoro nel 2014”, presentata all’Assemblea elettiva di Giovani Impresa Coldiretti, e condotta su giovani tra 30 e 34 anni. In questa situazione non stupisce – sottolinea la Coldiretti – che ben il 75% dei giovani italiani viva con i genitori in casa, dove cerca però di rendersi utile: il 76% fa la spesa, il 73% cucina e il 60% fa piccole riparazioni, anche se c’è uno zoccolo duro del 16% che non si rifà neanche il letto. “La famiglia è diventata una rete di protezione sociale determinante che opera come fornitore di servizi e tutele per i membri che ne hanno bisogno – afferma il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo -. La struttura della famiglia italiana in generale, e di quella agricola in particolare, considerata in passato superata, si è dimostrata, nei fatti, fondamentale per non far sprofondare nelle difficoltà della crisi moltissimi cittadini”.
Secondo l’indagine, quasi un giovane su quattro (23%) accetterebbe un posto da spazzino, il 27% entrerebbe in un call center e il 36%, pur di lavorare, farebbe il pony express. Si evidenzia, dunque, una grande flessibilità, forse anche troppo – secondo Coldiretti -, visto che uno su tre pur di lavorare è disposto ad accettare un orario più pesante con lo stesso stipendio (33%). Resta solido l’obiettivo italico del posto fisso, cui ambisce il 46% dei giovani (-7% rispetto al 2013) e “tiene” il mito del dipendente pubblico, cui guarda il 34% dei giovani. Tra chi ha già trovato un lavoro si registrano livelli molto alti di soddisfazione, anche per il confronto con le difficoltà dei coetanei, ma solo l‘11% è soddisfatto del lato economico. Critico il rapporto tra scuola-lavoro: solo il 30% dei giovani fa un lavoro totalmente coerente con gli studi, il 23% lo fa solo in parte. Il 44% dei giovani non ha inviato alcuna domanda di assunzione o lavoro. La maggioranza dei giovani (51%) è pronta ad espatriare mentre il 64% è disponibile a cambiare città. Il 19% considera l’Italia un Paese fermo, in cui non si prendono mai decisioni, il 18% punta il dito sulle tasse e il 17% chiama in causa la mancanza di lavoro e di meritocrazia. Tuttavia il 27% pensa ancora che l’Italia possa offrire un futuro per il valore del Made in Italy, le competenze e la creatività, le risorse ambientali e culturali.
Quasi un giovane italiano su tre (31%) non conosce il nome del presidente del Consiglio, il 30% quello del presidente della Camera e il 37% quello del presidente del Senato, a conferma del gap che deve essere ancora colmato tra politica e popolazione. Secondo l’indagine Coldiretti/Ixè, invece, solo il 5% dei giovani non conosce Napolitano e il Papa, che regnano incontrastati tra le star della vita economica e sociale. Molto chiari sono invece gli obiettivi indicati dai giovani per il nuovo governo: in testa l’economia e il lavoro (81%) che battono nettamente le riforme elettorali e costituzionali (43%), quasi a pari merito con i servizi come scuola, sanità e trasporti (42%). Solo il 4 per cento dei giovani italiani è impegnato in politica anche se il 36% lo ha pensato, ma non lo ha fatto, mentre il 56% è profondamente distante. A stare lontano dalla politica sono soprattutto le giovani donne (70%). Se più di un giovane su tre (34%) giustifica il mancato impegno con uno sprezzante “sono tutti ladri”, il 32% non si ritiene adatta, mentre il 22% non è semplicemente interessato. Tra chi si impegna o impegnerebbe in politica, ben il 53% lo farebbe per il bene del Paese, il 31% per motivi ideali, e l’8% perché ritiene che sia un buon viatico per guadagnare.
Il ringiovanimento della politica ha creato aspettative anche per le nomine di manager in società pubbliche e partecipate statali in scadenza e il 79% dei giovani chiede nel 2014 l’inserimento dell’obbligo di una quota giovani per le assunzioni in aziende pubbliche e private. L’abbassamento dell’età media del governo Renzi è considerata una scelta rilevante da mantenere anche nelle circa 600 poltrone delle società controllate dallo Stato da assegnare nei prossimi mesi. Per favorire la “staffetta generazionale” ben l’87% dei giovani chiede la fissazione di un limite di età per lo svolgimento di incarichi parlamentari, in amministrazioni pubbliche e in aziende pubbliche. Per il 56% dei giovani italiani tale limite dovrebbe essere fissato a non più di 60 anni, ma uno zoccolo duro del 25 per cento chiede addirittura che l’età del “pensionamento” sia fissata a 55 anni per liberare posti di lavoro, mentre una percentuale del 18% chiede che il tetto sia fissato a 65 anni.