Quanto vale l’evasione fiscale in Italia? A questa non banale domanda ormai da qualche anno si risponde a livello ufficiale in termini di taxgap, ovvero di differenza tra le imposte teoricamente incassabili se tutti i contribuenti facessero il loro dovere e quelle che sono effettivamente entrate nelle casse dello Stato. Si occupa di questo lavoro un’apposita commissione istituita presso il Ministero dell’Economia e presieduta dal professor Enrico Giovannini (già presidente dell’Istat e ministro del Lavoro). Il risultato totale più recente è relativo al 2014: l’evasione fiscale e contributiva viene stimata in 111,6 miliardi, con un incremento di 1,9 miliardi rispetto all’anno precedente. La propensione all’evasione, ovvero l’incidenza dello stesso taxgap sull’imposta teoricamente dovuta, ha toccato il 24,8 per cento. I dati della relazione (che erano stati aggiornati nell’ottobre scorso e ieri sono stati illustrati da Giovannini in un’audizione alla Commissione bicamerale sull’anagrafe tributaria) permettono però di andare oltre: si possono verificare il taxgap e la propensione all’evasione anche rispetto ai singoli tributi e a particolari categorie di contribuenti. Emerge così, sempre relativamente al 2014, che la propensione è di appena il 3,8 per cento per l’Irpef relativa al lavoro dipendente, con un taxgap di poco più di 5 miliardi, e del 59 per cento per quello relativo a lavoro autonomo e impresa, dove l’imposta evasa supera invece i 30 miliardi. La propensione è al 27,2 per cento nel caso dell’Imu, al 29,9 per l’Iva e al 36,7 per cento per l’Ires dovuta dalle società