Ultimo trimestre del 2018 ancora in negativo. È la proiezione sulla congiuntura nazionale stilata dalla Banca d’Italia che, ieri, ha pubblicato il primo Bollettino economico dell’anno. Si tratta dei primissimi numeri ufficiali che danno forma e sostanza alle preoccupazioni governative sulla «stagnazione» in arrivo. Di fatto, dopo due trimestri in rosso, l’Italia entrerebbe tecnicamente in recessione. Per l’anno scorso si ipotizza una crescita del prodotto interno lordo dello 0,9%, e l’effetto di trascinamento su quest’anno sarà pesante: il pil salirà solo dello 0,6%, quasi la metà della stima precedente (1%). A determinare la nuova battuta d’arresto hanno pesato sul piano internazionale le tensioni commerciali tra Usa e Cina, e la prospettiva di una Brexit senza accordo, su quello interno l’incertezza politica e qualche misura specifica come le tasse ecologiche per le automobili, con un nuovo calo delle immatricolazioni. Ma è peggiorato il clima complessivo della fiducia: le imprese hanno investito di meno e le famiglie hanno tagliato le spese. L’ultimo trimestre del 2018 segna, addirittura, una flessione dei consumi elettrici. Secondo Palazzo Chigi le previsioni di Banca d’Italia indicano che «l’impostazione di una manovra espansiva mantiene tutta la sua validità». Ma Di Maio parla di «stime apocalittiche» e ricorda che si tratta di «quella stessa Bankitalia che ci ha lasciato le banche in queste condizioni perchè non ha sorvegliato in questi anni». E c’è una battuta di Fedele De Novellis, direttore di Ref Ricerche, che serve a sintetizzare la fase che stiamo vivendo: «Ormai sono i numeri a inseguire la realtà, siamo costretti ad adeguare le previsioni quasi di continuo. E’ da sei mesi che viviamo così». In questo contesto il giudizio di Bankitalia non sorprende più di tanto. Bisognerà attendere il responso ufficiale dell’Istat previsto per il 31 gennaio per sapere se il Pil del quarto trimestre ’18 sarà andato sottozero ma già cominciano a circolare le prime correzioni sul 2019. Via via nei prossimi giorni e settimane gli istituti di ricerca, le maggiori banche e successivamente Confindustria renderanno pubbliche le loro stime e ne sapremo di più.