La criminalità non ha solo un effetto devastante sul piano della società e della legalità Ma anche dell’economia. A fare i conti è il Governatore della Banca d’Italia, ascoltato nei giorni scorsi dalla Commissione Antimafia. I numeri messi in fila da via Nazionale sono impressionanti. In Puglia e in Basilicata, ad esempio, nell’arco di un trentennio, la presenza della criminalità ha comportato una perdita di ricchezza pari al 16%. “Con la stessa metodologia – ha raccontato Visco – si è confrontato quanto accaduto in Friuli Venezia Giulia e in Irpinia dopo i terremoti del 1976 e 1980, in seguito all’afflusso di fondi pubblici: nel corso dei trent’anni successivi, in Friuli Venezia Giulia, dove la criminalità organizzata non era presente, la crescita del PIL pro capite è stata superiore di circa 20 punti percentuali a quella osservata in una regione controfattuale, mentre in Irpinia, dove la criminalità organizzata era fortemente radicata, la crescita del PIL pro capite è stata inferiore di circa 12 punti percentuali rispetto a quella della regione di controllo”.
Ma c’è di più. “Una maggiore densità criminale – spiega il Governatore – fa salire il costo del credito per le imprese, e induce una maggiore richiesta di garanzie da parte delle banche con potenziali effetti negativi su investimenti e crescita. Anche nel mercato assicurativo la presenza della criminalità impone un costo diretto su imprese e cittadini: i dati IVASS mostrano che nel 2013 i premi più elevati sono stati pagati in Campania, Puglia e Calabria, regioni a forte densità criminale”.
Infine, “la criminalità ha un effetto negativo sugli investimenti in generale e quelli diretti dall’estero in particolare. Utilizzando l’indicatore Doing Business, che fornisce una sintesi della qualità dell’ambiente istituzionale, e considerando il grado di penetrazione criminale nel territorio, è stato stimato che, a parità di altre condizioni, se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell’area dell’euro, tra il 2006 e il 2012 i flussi di investimento esteri in Italia sarebbero risultati superiori del 15 per cento – quasi 16 miliardi di euro – agli investimenti diretti effettivamente attratti nel periodo. In sintesi, le analisi concordano nell’evidenziare effetti negativi significativi sulle principali variabili che influenzano la crescita di una nazione”
(Antonio Troise)