Non accenna a diminuire la pressione fiscale, mentre continuano a scendere redditi e consumi degli italiani. Secondo uno studio di Confcommercio – su dati Banca d’Italia, Istat e Cer – è salito complessivamente ad oltre 4,6 miliardi (rispetto alla previsione iniziale di 1,6 miliardi) l’aumento di imposizione per le maggiori entrate nel periodo 2014-2016 previste dalla versione finale della Legge di stabilità. Solo per il 2014, da una previsione iniziale di maggiori entrate pari a 973 milioni, si è arrivati ad oltre 2,1 miliardi, con un incremento di quasi il 120%; per il 2015, si passa addirittura da una previsione di riduzione del carico impositivo (-496 milioni) ad un aggravio di 639 milioni. A fronte di questi aumenti, le famiglie sono sempre più povere (negli ultimi 6 anni reddito pro capite ridotto del 13% e persi 18mila euro a testa di ricchezza) e i consumi sono drammaticamente fermi (-4,2% nel 2012). “Ancora una volta – commenta Confcommercio – si conferma, dunque, l’intenzione di continuare ad utilizzare la leva fiscale per far quadrare i conti pubblici invece di attuare quelle riforme indispensabili per sostenere famiglie e imprese e far ripartire l’economia”.
Nel 2012 la ricchezza netta pro capite è tornata ai livelli del 2002 perdendo, rispetto al massimo raggiunto nel 2006, oltre 18mila euro a testa. Il reddito disponibile pro capite, tra il 2007 e la fine del 2013, ha subito una riduzione cumulata di oltre il 13% facendo, anche in questo caso, un grande balzo all’indietro tornando, al netto dell’inflazione, ai livelli della seconda metà degli anni ’80. E il drammatico calo dei consumi registrato negli ultimi anni (-2,4% nel biennio 2008-2009 e -4,2% nel 2012) è una “cartina di tornasole”. A questo proposito, Confcommercio sottolinea come anche le modifiche intervenute nel lungo periodo sul versante della composizione delle strutture familiari incidano sui comportamenti di spesa. Rispetto a 35 anni fa crescono i nuclei familiari monocomponenti, soprattutto quelli con anziani soli mentre le coppie con figli sono ormai meno del 40% (erano quasi il 53% nel 1977 e oltre il 44% nel 2000). Questa situazione sposta l’allocazione delle risorse verso le cure mediche, l’assistenza e i servizi alla persona.
Perdita del potere di acquisto e calo dei consumi – è l’analisi di Confcommercio – restituiscono l’immagine di un paese “gravemente malato” in cui “appaiono sempre più necessarie ed urgenti le riforme istituzionali ed economiche, in primis quella fiscale”. L’attuale livello di pressione fiscale, infatti, “è incompatibile con le esigenze della crescita e al momento non vi sono segnali di un cambio di rotta. È evidente la mancanza di qualsiasi percorso di progressiva, certa e sostenibile riduzione del carico fiscale e, al tempo stesso, l’intenzione di continuare ad utilizzare la leva fiscale attraverso ulteriori aumenti di imposta per far quadrare i conti pubblici. La conferma viene da quanto accaduto con l’ultima Legge di stabilità”. Secondo l’associazione tali misure “rischiano di vanificare del tutto gli impulsi macroeconomici derivanti dall’intervento di riduzione del cuneo fiscale, che pure dovrebbe costituire l’elemento più qualificante dell’azione di governo”. Senza contare la tassazione indiretta (Iva e accise) e il suo carico di maggiore inflazione con un picco massimo di differenza pari ad otto decimi di punto nel 2012, quando l’inflazione si sarebbe arrestata al 2,5% a fronte del 3,3% effettivamente misurato a seguito degli aumenti dell’Iva e delle accise introdotti nel pieno della crisi del debito pubblico.