Al tavolo su Alitalia si lavora alla ricerca di un’intesa, per consentire in extremis il salvataggio della compagnia. Ieri, dopo che per tutto il giorno sono proseguite riunioni tecniche al Mise tra rappresentanti di azienda e sindacati che hanno confermato la distanza delle posizioni su esuberi e tagli del costo del lavoro, il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha incontrato il presidente esecutivo designato di Alitalia, Luigi Gubitosi. Questa mattina alle 9,30 Calenda, con i ministri Graziano Delrio (Trasporti) e Giuliano Poletti (Lavoro), vedrà i leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. È in atto una corsa contro il tempo, considerando che l’intervento dei soci per la ricapitalizzazione è condizionato all’intesa tra azienda e sindacati che, secondo il cronoprogramma illustrato dal ministro Calenda, deve avvenire entro oggi. Questo per consentire, da domani, di avviare l’operazione di ristrutturazione finanziaria che complessivamente vale 1,9 miliardi, mentre la cassa dell’azienda è ormai esaurita. «La situazione è molto complicata, un po’ più complicata perché il tempo sta scadendo», ha detto Gubitosi. «Spero si raggiunga una soluzione per domani e che la razionalità prevalga». Primo terreno di scontro è quello dei 2.037 esuberi previsti tra il personale di terra, che potrebbero essere solo in parte mitigati con il ricorso agli ammortizzatori sociali. L’ipotesi su cui si lavora è utilizzare per 1.338 dipendenti a tempo indeterminato due anni di cigs sommata a due anni di Naspi (l’ex indennità di disoccupazione), con il concorso del fondo di settore che secondo i sindacati porterebbe ad una copertura tra il 70 e l’80% delle retribuzioni. Il numero degli esuberi è legato anche alle esternalizzazioni, visto che i piani originari dell’azienda prevedevano cessioni di attività con 813 dipendenti. Tutti gli attori sono consapevoli che senza un accordo Alitalia fallisce.L’azienda ha dalla sua almeno un’attenuante: Ryanair ed Easyjet sono state incentivate come in nessun altro Paese europeo, con tanto di dichiarazioni del ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, che qualche mese fa rivendicava 5 milioni di posti in più e nuove tratte sull’Italia. Per questo l’esecutivo sta tentando di mediare consapevole che la natura ibrida della compagnia — privata, eppure percepita ancora come pubblica quando ci sono da effettuare i voli per destinazioni non remunerative (vedi Reggio Calabria) — investa anche lo Stato del compito di sostenerla. Il punto di caduta è ancora complicatissimo da decifrare. Sugli esuberi, con la necessità di una rete sociale di protezione che metterà alla prova anche il neonato assegno di ricollocazione e l’Anpal, l’agenzia per le politiche attive guidata da Maurizio Del Conte. C’è l’ipotesi di una garanzia del Tesoro su nuove linee di credito e sui 200 milioni di euro di capitale aggiuntivo chiesto dall’attestatore del piano industriale. C’è la volontà di coinvolgere Invitalia, il braccio operativo del Mise, per un investimento-ponte. La soluzione sul tavolo riguarda l’aspetto finanziario del salvataggio. Un passo propedeutico per l’eventuale intesa finale. È una specie di scudo quello che è stato messo in campo: le banche creditrici — Intesa-Sanpaolo e Unicredit,— accettano di convertire i loro crediti in azioni della compagnie nelle casse delle compagnia contribuendo in modo decsivo ai circa 2 miliardi di ricapitalizzazione necessaria, ma chiedono una garanzia pubblica sia su eventuali nuovi crediti sia sul “contingent equity” che dovrebbero versare se il piano di rilanco presentato non dovesse proseguire nella direzione programmata.