Diletta Capissi
E’ verosimile che la chiave di lettura di “Vangelo” Opera contemporanea – scritto, diretto e interpretato da Pippo Delbono, e con Iolanda Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella, Nina Violić, Safi Zakria, Mirta Zečević, in scena al Teatro Bellini di Napoli fino al 5 novembre – sia tutta nella richiesta fatta al protagonista qualche giorno prima di morire dalla madre, fervente cattolica. Che gli ha chiesto: “Perché, Pippo, non fai uno spettacolo sul Vangelo? Così dai un messaggio d’amore: ce n’è così tanto bisogno di questi tempi…”. Certo è che questo spettacolo costruito sui tanti personaggi che abitano la scena, compreso Delbono in veste di io narrante, appaiono come bozzetti o particolari di un grande quadro che raffigura rappresentazioni di immagini di vita religiosa ma anche di vita reale in continua lotta con il male. In realtà “Vangelo” è soprattutto un viaggio, un percorso drammaturgico dell’attualità e della possibile conversione, che ti scava dentro: taglia con l’accetta le tante, diverse contraddizioni e ipocrisie delle religioni, della pratica cattolica e anche della tradizione laica e della filosofia orientale buddista, secondo cui “dentro di noi è racchiuso tutto l’universo; dentro di noi ci sono sia la luce che il demone”.
Delbono disquisisce come un predicatore che può capitare di incontrare nei parchi londinesi e newyorkesi, pronto a imbonirti e catturarti con l’oratoria colta, a tratti sotto forma di invettiva, “sulle conquiste, sulle stragi, sulle guerre, sulle menzogne, sulle false morali create per quell’ipotesi di Dio”. Ma ti fa pensare “anche alla bellezza, all’arte, e alla poesia che quell’idea di Dio ha portato in questi duemila anni. E a quello che diceva Marx: ‘La religione è un sospiro dell’anima in un mondo senz’anima’”.
Uno spettacolo dunque che si può leggere anche come un reportage, un’inchiesta sulla sofferenza, sui martiri, sugli schiavismi e gli sfruttamenti del mondo, sugli emarginati, insomma sui “cristi del mondo”, i moltissimi che possono fondare la loro esistenza sulla solidarietà e la giustizia degli uomini e delle donne per ricevere accoglienza e occupare un posto dignitoso nelle società. C’è il racconto di un paese sconvolto dall’arrivo di diecimila persone tra donne, uomini e bambini alla ricerca disperata di una terra promessa. Ed è nelle immagini dei migranti che lavorano nei campi o in quelle delle lapidi che testimoniano la terribile strage degli innocenti di Castel Volturno, del 18 settembre 2008, che si ascolta una delle più alte suggestioni poetiche dello spettacolo.
“Ovunque ho visto Cristi dai volti dolorosi, seri – scrive Delbono – Molto poco ho visto la gioia nei loro volti. Mi sono sentito come in prigione. Ho avuto un senso di rifiuto profondo per tutta quella iconografia buia, pesante, sofferente legata a quel Vangelo. E così mi sono perduto, come faccio sempre quando costruisco i miei spettacoli, dimenticando quel Vangelo, o forse portandomi dietro solo il nome”.
Vangelo è un spettacolo corale di cui fanno parte i suoi personaggi-collaboratori costanti: Bobò il sordomuto, Nelson che prima era un clochard, Gianluca che ha la sindrome di Down. Nato in origine come opera contemporanea, è stato creato a Zagabria con l’orchestra, il coro, i danzatori e gli attori del Teatro Nazionale Croato insieme agli attori della compagnia che lavorano con Pippo Delbono da anni. Vangelo è costruito anche sulla suggestione delle musiche composte da Enzo Avitabile, intreccia musicalità mediterranee con suoni africani, termina con le musiche dei Led Zeppelin e con un Delbono scatenato, mattatore e danzatore con stile. Un lavoro che trae energia e linfa dalla forza sonora della voce e della parola nell’incontro con musicisti come Enzo Avitabile, ma anche con tanti altri della scena musicale contemporanea.
Insomma si tratta di uno spettacolo che affronta il tema della fede cattolica, e, attraverso i suoi personaggi, ci indica come questa può contenere “una sorta di paura della libertà, libertà di essere noi stessi e di amare”. Eppure il Vangelo mi intriga – scrive Delbono – contiene messaggi che mi sembrano importanti. Semplici, ma allo stesso tempo rivoluzionari. Quando si leggono le parole del Vangelo staccate da una visione moraleggiante, quando si arriva alla sostanza, si scopre che si sta parlando d’amore”. Lo spettacolo è complesso, pieno di spunti interessanti nei quali ognuno può ritrovare quello che lo appassiona di più. L’importante è non fermarsi alla superficie ma sforzarsi di approfondire le tante tematiche insite nel testo drammaturgico.
Con la partecipazione nel film dei rifugiati del centro di accoglienza PIAM di Asti, immagini e film Pippo Delbono, musiche originali per orchestra e coro polifonico Enzo Avitabile, eseguite dal vivo da Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
direttore d’orchestra Gabriele Di Iorio, scene Claude Santerre, costumi Antonella Cannarozzi, disegno luci Fabio Sajiz, foto Luca Del Pia, direzione tecnica Fabio Sajiz, luci, video Orlando Bolognesi, suono Matteo Ciardi, capo macchinista Gianluca Bolla, macchinista Enrico Zucchelli, sarta Elena Giampaoli, organizzazione Silvia Cassanelli, Alessandra Vinanti, ufficio stampa Silvia Pacciarini. Realizzazione scene e sartoria Hrvatsko Narodno Kazalište- Zagabria, produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Hrvatsko Narodno Kazalište-Zagabria in co-produzione con Théâtre Vidy Lausanne, Maison de la Culture d’Amiens -Centre de Création et de Production, Théâtre de Liège.