di Michele Eugenio Di Carlo
Edmondo De Amicis con il romanzo Cuore[1], pubblicato nel 1886 e anticipato da una battente campagna promozionale dell’editore milanese Treves, mette in luce un presente positivo e in evoluzione, farcito di buoni sentimenti quali la patria, la famiglia, i doveri, lo spirito di sacrificio. Un’opera che ottiene un successo straordinario, che non solo comporta la pubblicazione in pochi mesi di circa quaranta edizioni, ma viene divulgata attraverso i nuovi e moderni programmi che riguardano la scuola e la pubblica istruzione[2] e che i governi liberali apprezzano anche sotto l’aspetto pedagogico ed educativo. Quella che abilmente De Amicis diffonde nel sentire comune è una percezione alterata di un Risorgimento edulcorato e romantico, risultato di un ampio movimento popolare e non di una minoranza elitaria intellettualmente altolocata.
Il libro “Cuore” di Edmondo de Amicis
Mentre nel campo della poesia saranno i componimenti lirici del marchigiano Luigi Mercantini[3] ad essere apprezzati e diffusi negli ambienti liberali e governativi della seconda parte dell’Ottocento. Infatti, con La spigolatrice di Sapri [4] e L’ Inno di Garibaldi [5], Mercantini diventerà uno dei più apprezzati poeti proprio grazie alla sua ispirazione di natura patriottica e nazionalista, pur essendo tuttora ritenuto un poeta di secondo piano nell’ambito della letteratura italiana dell’Ottocento. I suoi versi, peraltro, assumeranno una alta valenza educativa e pedagogica, in quanto saranno presenti in tutte le edizioni delle antologie scolastiche fino ai nostri giorni.
Non minor successo ebbe l’opera memorialistica dell’epopea garibaldina scritta da Giuseppe Cesare Abba[6]: Da Quarto al Volturno: noterelle d’uno dei Mille [7], pubblicato in edizione definitiva nel 1891, quando al trasformismo politico in atto serviva propagandare un’impresa dei Mille epica e leggendaria, priva di quegli elementi distintivi che avevano caratterizzato la feroce contrapposizione tra i «padri della Patria», perché – scrive Roberto Bigazzi, docente di Letteratura italiana presso l’Università di Siena, – occorreva costruire il mito fondativo della nazione, annullando le differenze e le asperità tra i protagonisti. In questo senso l’autore ligure ha influenzato sicuramente l’educazione delle nuove generazioni, e «avendo addolcito gli eventi, eliminato i contrasti, ristabilito le distanze sociali e filtrato i sentimenti giovanili, Abba ha raggiunto facilmente la qualifica di best seller tra i memorialisti dell’Unità d’Italia»[8].
Una letteratura minore, quindi, propagandata a servizio della classe dominante liberale e sabauda, mentre come spiega Giovanni Capecchi, docente di Letteratura italiana all’Università per stranieri di Perugia, ci sono quindi circostanze storiche sostanziali motivanti le delusioni di cui ci parla Capecchi, che non solo comportano gli aspetti più significativi della «secessione» letteraria, ma anche l’atteggiamento più contenuto che percorre la letteratura prodotta al Nord, che si manifesta chiaramente «attraverso un ritiro silenzioso e triste alla vita privata da parte di intellettuali che avevano lottato per l’unificazione nazionale o attraverso il culto o attraverso il culto degli anni eroici del Risorgimento (dal 1821 al 1860).
Nel Mezzogiorno intanto, che subisce il peso di politiche fiscali, finanziarie e doganali che, colpendo e affondando l’economia, generando drammatiche condizioni sociali, la «secessione»[9] letteraria sarà poderosa ed irreversibile.
[1] E. DE AMICIS, Cuore, Milano, Treves, 1886. L’autore, attraverso i racconti di Enrico, un bambino di 10 anni che frequenta la 3ª elementare in una scuola di Torino, descrive l’Italia e il mondo della scuola dei primi anni successivi all’Unità d’Italia. Un’Italia divisa da profonde differenze sociali, linguistiche e culturali, dove la scuola rappresenta lo strumento essenziale per raggiungere una reale unione di intenti e di interessi. Il libro è pubblicato nel 1886, proprio quando lo Stato sta per introdurre politiche fiscali che negheranno i buoni intenti illustrati dagli episodi dell’autore ligure, approfondendo quel solco e quel divario che avrà ripercussioni drammatiche per le popolazioni del Sud. Da questo punto di vista, Cuore risulta un’opera retorica e agiografica.
[2] G. CAPECCHI, Unità d’Italia e letteratura: la “secessione” degli scrittori siciliani, «Altritaliani.net», articolo del 14 giugno 2014.
[3] Luigi Mercantini (Ripatransone, 1821 – Palermo, 1872), poeta ed esule marchigiano, direttore del settimanale La donna, divenne definitivamente noto scrivendo i versi de La spigolatrice di Sapri, dedicati alla spedizione fallita di Carlo Pisacane. Con l’annessione delle Marche al Regno d’Italia torna in patria, assumendo la direzione del Corriere delle Marche appena fondato. Nel 1861 pubblica l’Inno di Garibaldi, che l’eroe stesso gli aveva commissionato. Eletto deputato nella prima legislatura del Parlamento italiano preferisce rinunciare per dedicarsi all’insegnamento. Si trasferisce a Palermo nel 1865 per insegnare Letteratura italiana all’Università. Muore nel 1872.
[4] La spigolatrice di Sapri che inizia con i versi, diventati famosi, «Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti», pubblicata nel 1858, resta sicuramente uno dei maggiori esempi di poesia patriottica risorgimentale. I suoi versi sono stati riportati in canzoni quali Ciao amore ciao di Luigi Tenco e Frammenti di Franco Battiato; hanno inoltre ispirato il regista Gian Paolo Callegari nel film Eran trecento del 1952. I versi narrano la storia della spedizione di Carlo Pisacane attraverso una spigolatrice di Sapri che, presente allo sbarco, segue gli avvenimenti della sfortunata avventura.
[5] L’ Inno di Garibaldi fu richiesto dallo stesso eroe in un incontro tenutosi a Genova nel 1858. Contiene i famosi versi: «Si scopron le tombe, si levano i morti, i Martiri nostri son tutti risorti» ed è stato l’inno patriottico passato indenne attraverso la storia italiana dall’Unità alla resistenza partigiana.
[6] Giuseppe Cesare Abba (Cairo Montenotte, 1838 – Brescia, 1910), scrittore e patriota, ha partecipato alla spedizione dei Mille e ha combattuto a Bezzecca meritandosi una medaglia. Attraverso diverse rielaborazioni ha pubblicato in via definitiva, nel 1891, Da Quarto al Volturno: noterelle d’uno dei Mille, secondo il Carducci un piccolo capolavoro, che ebbe una larga diffusione e un notevole successo. Fu sindaco di Cairo Montenotte dal 1867, docente di Italiano al Liceo ginnasio di Faenza, docente e preside presso l’Istituto tecnico “Tartaglia” di Brescia. Fu nominato senatore nel 1910, anno della sua scomparsa.
[7] G. C. ABBA, Da Quarto al Volturno. Noterelle d’uno dei Mille, Bologna, Zanichelli, 1891. È considerato il miglior testo di memorialistica garibaldina. Prima di essere definitivamente pubblicato dalla Zanichelli nel 1891 è stato più volte rielaborato e ampliato. In questo testo l’avventura dei Mille appare immersa in un alone leggendario dalle tinte celebrative e idealizzate.
[8] R. BIGAZZI, Risorgimento e letteratura, in Leggere le camicie rosse di B. Peroni (a cura di), Milano, Edizioni Unicopli, 2011, p. 14.
[9] G. CAPECCHI, Unità d’Italia e letteratura: la “secessione” degli scrittori siciliani, «Altritaliani.net», 14 giugno 2014.