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Il governo incassa al Senato la fiducia che ha posto sul maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl sulle Province. I “sì” sono stati 160 i “no” 133. Il provvedimento torna ora alla Camera in terza lettura. Il voto di fiducia si è reso necessario dopo le fibrillazioni di ieri nella maggioranza. Ricevuto il via libera della commissione Affari Costituzionali del Senato (dove il governo era stato battuto due volte) il provvedimento – che abolisce le province come organi elettivi e ne riduce sensibilmente le competenze – aveva superato per il rotto della cuffia il primo decisivo passaggio in assemblea, evitando per soli quattro voti uno scivolone sulla pregiudiziale di costituzionalità presentata dal M5S.

Questa mattina Matteo Renzi era tornato a sottolineare l’importanza del provvedimento. “Sappiamo che tante amministrazioni provinciali lavorano bene, ma bisogna dare un messaggio chiaro forte e netto – aveva detto il premier -. Tremila posti in meno per i politici sono la premessa per tornare a dare speranza e fiducia ai cittadini e non è un caso che la riduzione dei costi e dei posti della politica sia la premessa per la restituzione degli 80 euro ai cittadini”.

Ma le tensioni non sono venute meno neppure oggi. Protagonisti i senatori di Per l’Italia Tito Di Maggio e Maurizio Rossi che hanno votato in dissenso con il proprio gruppo favorevole invece alla fiducia (Rossi ha votato “no” e Di Maggio non ha preso parte alla votazione). “Avremmo auspicato un provvedimento più incisivo, senza quelle criticità che rimangono”, ha detto il presidente del gruppo PI Lucio Romano durante le dichiarazioni di voto. “Il nostro gruppo si pone in una posizione di responsabilità che da un lato sottolinea le incongruenze e le criticità” del provvedimento “e dall’altro apre alla fiducia a questo governo”. Ma l’esecutivo, ha aggiunto, “ha bisogno di collegialità e progettualità nella stesura delle leggi”. Sì alla fiducia accompagnata però da perplessità anche da parte di Scelta civica. “Voteremo questa legge perché strettamente collegata alla fiducia al governo, ma potevamo cogliere questa occasione per dare le competenze alle Regioni. Ci sono delle criticità che non possiamo non vedere, ma contestarlo alla radice in nome della democrazia è sbagliato”, ha affermato il presidente dei senatori Sc Gianluca Susta.

Via libera pieno invece dal Pd. “Il ddl Delrio è il primo tassello di un complesso di riforme istituzionali che comprende anche le modifiche al titolo V della Costituzione, la fine del bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato, la nuova legge elettorale e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti votata qualche settimana fa”, ha sottolineato il capogruppo democrat Luigi Zanda. Ncd, ha affermato Antonio D’Alì, considera il provvedimento “il primo gradino nella scala delle riforme che ci accingiamo a scalare”.

Secco “no” invece dalle opposizioni. “La volontà riformatrice di Matteo Renzi si concentri su battaglie meno ingannevoli di quella sulla cosiddetta abolizione delle province, che poi abolizione non e’ ma cambio di nome”, ha detto la vicecapogruppo Fi Anna Maria Bernini che parla di “ennesimo raggiro da pubblicità ingannevole degli italiani”. Per M5S “escono dalla porta 1.774 poltrone e rientrano dalla finestra 26mila nuovi consiglieri oltre a cinquemila nuovi assessori”. Attacca Il capogruppo pentastellato Vincenzo Santangelo: “Perché continuate a prendere per i fondelli gli italiani? Perché raccontate bugie?”. Per la Lega Nord si tratta di un provvedimento inutile e la senatrice Patrizia Bisinella ha annunciato che il Carroccio già nel weekend comincerà “la raccolta firme per un referendum sulle abolizione delle prefetture”. Loredana De Petris, presidente del gruppo Sel-Misto, ha definito il disegno di legge “”confuso perché aggiunge enti invece di eliminarli”. E Giovanni Mauro, nell’annunciare il “no” di Gal ha sottolineato che “da Renzi viene solo propaganda”.