È caduto dal tetto della sua casa, nel viterbese, qualche giorno fa, e probabilmente in seguito a questa caduta oggi ha avuto un infarto. Così è morto Carmine Schiavone, non un casalese, ma un criminale, colui che, in disprezzo della sua terra, ha guadagnato illecitamente con il traffico di sversamento dei rifiuti tossici, ben sapendo delle conseguenze. Schiavone da parecchio tempo era uscito dal programma protezione dei pentiti. Riesce difficile considerarlo un pentito, anche se si è autoaccusato del disastro ambientale che ha provocato, un’autoaccusa che gli ha fatto guadagnare inviti in Tv, dalle Iene a Servizio Pubblico dove ha ripetuto: “fra vent’anni moriranno tutti di cancro”, come a dire, sapevo cosa stavo facendo a quelle terre e l’ho fatto lo stesso. Insomma non un pentito ma un uomo invischiato nel traffico e interramento dei rifiuti tossici, che, nel 1997, come spiega lui stesso in Commissione parlamentare Ecomafie, ha un giro di affari di 600- 700 milioni di lire al mese. “Nel giro di venti anni moriranno tutti” infatti è una profezia dettata dalla consapevolezza della devastazione ambientale compiuta, in spregio alla vita umana.
Rifiuti radioattivi «dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi ci sono le bufale e su cui non cresce più erba», raccontava Schiavone. Fanghi nucleari, riferiva, arrivavano su camion provenienti dalla Germania. Nel business del traffico dei rifiuti, secondo il pentito, erano coinvolte mafia, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita. Ma quei verbali rimasero secretati fino al 2013, quando furono resi noti e Schiavone e iniziò ad andare in Tv. È anche vero però che le sue dichiarazioni sulla localizzazione dei luoghi dove avvenivano gli sversamenti sono state in parte smentite dalle indagini, rendendo Schiavone un personaggio ancora meno affidabile, lui sapeva la verità, ma ha preferito tenerla per sé e farla morire con lui.