Il 21 ottobre del 1860, mentre ancora si combatteva nella fortezza di Gaeta per la difesa e l’indipendenza del Regno delle Due Sicilie, si svolse quello che già allora si capì essere un “plebiscito-farsa”.
L’irregolarità e l’anormalità di questo voto è testimoniato da numerosi studi e testimonianze. Eccone alcuni.
- Pedio (Vita politica in Italia meridionale, 1860-1870): «Basta che si manifesti il desiderio di votare per il mantenimento dei Borbone, perché si venga arrestati e rinviati a giudizio per rispondere di attentato a distruggere la forma di Governo; basta un semplice sospetto, perché si proceda al fermo preventivo che impedisce a numerosi cittadini di partecipare alle operazioni di voto».
- Un alto ufficiale piemontese, testimone oculare, ebbe a dichiarare: «In Caserta, lo Stato maggiore della mia Divisione, composto di cinquantuno ufficiali non tutti presenti al momento del plebiscito, si trovò ad avere centosessantasette voti. Nel resto del Regno si fece il plebiscito al pari di quello di Napoli».
- Lo storico Cesare Cantù, “il plebiscito giungea fino al ridicolo, poiché oltre a chiamare tutti a votare sopra un soggetto dove la più parte erano incompetenti, senza tampoco accertare l’identità delle persone e fin votando i soldati, si deponevano in urne distinte i Sì e i No, lo che rendeva manifesto il voto”.