Il 14 ottobre 1860, nei pressi di Napoli capitolava per mancanza di viveri il fortino di Baia (145 veterani ed artiglieri al comando del mag. Giacomo Livrea). Nello stesso giorno il Re convocò a Calvi il maresciallo Ritucci, chiedendogli una nuova offensiva verso la capitale, allo scopo di impedire il plebiscito. Ma, al solito, il maresciallo sollevò varie obiezioni, presentandole per iscritto, controfirmate dai generali von Mechel e Polizzy.
“Quel piccolo – scrive Giuseppe Buttà – forte era difeso da 88 invalidi e 57 artiglieri, tutti comandati dal distinto maggiore Giacomo Livrea. Vi erano pochi cannoni, e mancava di ogni provvisione: avea solamente molta polvere mal custodita, e attesi i nuovi mezzi di guerra per offendere le fortezze, potea essere fatale ai difensori, in caso di un regolare assedio.
Il 17 settembre si presentò al comandante Livrea il Sottintendente di Pozzuoli, e quasi ordinò di cedere il forte a’ rivoluzionari; il comandante si negò recisamente; e quello diede ordine che non si facessero più entrare viveri in quel forte. Il 26 una sortita di quella guarnigione d’invalidi fugò i garibaldini che si erano accostati a quella fortezza.
Livrea mandò a Gaeta, per mare tutta la polvere che avea superflua, e domandò i viveri per la guarnigione. Però ingrossando il nemico intorno al forte, e perchè mancavano i viveri, quel comandante dovè capitolare. Il primo ad entrare in quel forte fu Marino Caracciolo, disertore della marina militare borbonica, e vi trovò centoscssantamila cartucce, ed altra munizione d’artiglieria. Il 5 arrivò da Gaeta una Tartana carica di viveri, e colui che la comandava vedendo la piazza in potere del nemico rifece la via e ritornò a Gaeta. I difensori di Baia per patto della capitolazione vollero tutti andare dal Re a Gaeta”.