Alessandro Corti
Non muore mai. Il caso Rai rinasce ogni volta dalle sue ceneri, come l’Araba fenice. E la polemica tiene banco anche stavolta. A lanciare il sasso è stato l’ex rottamatore Matteo Renzi. Liberare gli italiani da una della tassa piu’ odiate, il canone della Tv pubblica? Bene, benissimo. Tanto piu’ che ormai, nelle nostre case le nuove tecnologie digitali hanno mandato in soffitta il monopolio di Mamma Rai per fare posto a film, calcio e serie Tv on demand, fruibili sulle piattaforme piu’ diverse e con i dispositivi piu’ vari, dal tablet al cellulare. Quello che stupisce. è che a firmare la proposta sia proprio il segretario dello stesso partito che un anno fa ha deciso di far pagare il canone Rai direttamente nelle bollette dell’elettricita’, con l’obiettivo dichiarato di combattere l’evasione e dare una mano consistente ai dissestati bilanci dell’azienda di Saxa Rubra.
Un giro di boa per lo meno sospetto, non solo perche’ avviene in piena campagna elettorale. Ma anche perche’ rincorre quello che è stato uno dei principali cavalli di battaglia delle forze di opposizione al governo Renzi, a partire dal Movimento Cinque Stelle.
Il problema pero’, non e’ solo politico. Cancellare il canone senza inserire questa operazione in una riforma organica del sistema televisivo, rischia di proporre un rimedio addirittura peggiore del male. In primo luogo non viene detto in che maniera le attuali risorse generate dal pagamenti dei canoni potrebbero essere sostituite. L’unica alternativa credibile, al momento, e’ quella di spalmare il canone sulla fiscalita’ generale, determinando quindi un aumento delle imposte in un Paese ormai stremato, dove perfino un incremento di pochi centesimi sulle buste per la spesa ha scatenato un delirio di proteste. Senza i fondi del canone, del resto, l’azienda televisiva del Tesoro sarebbe costretta a una drastica cura dimagrante o a rivedere completamente i bilanci. Tagliando non solo gli stipendi, ma anche quei piani di investimenti necessari per affrontare un mercato sempre piu’ agguerrito.
In secondo luogo, se davvero si vuole abolire il canone, occorrerebbe avere il coraggio di vendere la Rai ai privati, lasciandola vivere solo con i proventi del mercato. Una strada che negli ultimi vent’anni e’ stata annunciata da tutti i governi, indifferentemente dal loro colore politico. E, con queste premesse, la proposta del Pd non solo rischia di cadere nel vuoto ma puo’ alimentare nuove derive populistiche. Anche perche’ e’ irrealistico pensare che in piena competizione elettorale i partiti a caccia di voti possano rinunciare alle passerelle mediatiche offerte dalla Tv di Stato.
La verita’ è che ci sono temi troppo delicati e impegnativi per essere buttati nel tritacarne di una delle campagne elettorali piu’ complicate e dagli esiti piu’ imprevedibili come quella che terminera’ il 4 marzo. E, allora, una volta tanto, bisognerebbe da parte di tutti uno sforzo di serieta’, per abbandonare una volta per tutte la strada delle facili promesse elettorali e imboccare quella degli impegni concreti e credibili.