Per esaltare le squisite pietanze di carne e di pesce era indispensabile un buon vino; a questa necessità si provvedeva grazie alle numerose vigne leuciane che offrivano diverse varietà di “vini nobili: delfino, moscado, siracusa, aleatico e vino vermut. Alcune vigne erano gestite per la fornitura esclusiva alla Mensa Reale; altre erano concesse in affitto e la produzione era destinata alla vendita.

È documentata, nella prima metà dell’800, la presenza di una vigna napoletana, presso il casino di Sant’Antonio, che dava uve per la produzione di vino sia bianco che rosso venduto a 13 carlini il barile. Sulla tavola del sovrano, inoltre, non mancavano neppure vini spagnoli, portoghesi, ungheresi, tedeschi e francesi, in modo particolare champagne, bordeaux e borgogna.

Il consumo annuo di vino, da parte della Reai Casa, era di 100-120 barili; il trasporto da Caserta a Napoli era effettuato con barili e vasi vinari che, periodicamente, erano sottoposti alle calde ovvero alla pulitura con mosto bollito.I vigneti rappresentavano le più pregiate coltivazioni leuciane: nelle vigne della Torretta, del Pommarello, dell’Arcone e dello Zibibbo, si coltivavano pregiate qualità di uve bianche e rosse; nella caratteristica Vigna del ventaglio, originale vigneto formato da un semicerchio diviso in dieci raggi disposti a forma di ventaglio, invece, ciascun raggio conteneva viti di diverse varietà, contraddistinte da lapidi in travertino: Lipari rosso, Delfino bianco, Procopio, Piedimonte rosso, Piedimonte bianco, Lipari bianco, Siracusa bianco, Terranova rosso, Corigliano rosso, Siracusa rosso.

Soprattutto durante i mesi estivi i Sovrani non si privavano neppure di altre bevande fresche, come testimonia il gran numero di rinfrescatoi e geliere, di  porcellana decorata, menzionati nei documenti. Il refrigerante era la neve che veniva raccolta e, con opportuna protezione, conservata sotto terra; col tempo il sistema di conservazione fu migliorato e vennero costruite apposite “conserve per la neve, foderate di rigioie e con una graticola di ferro sopra”.

L’acqua preferita era quella di Triflisco per la sua limpidezza e per le riconosciute proprietà terapeutiche (il medico di corte l’aveva prescritta al principe Filippo convalescente e la regina Maria Isabella ne faceva uso quotidiano).

 

LE ALTRE PUNTATE DELL’INCHIESTA

 

A Tavola Con I Borbone / 1 Dove facevano la spesa

 

A Tavola Con I Borbone /2 La Cucina Portatile Di Re Ferdinando

 

A TAVOLA CON I BORBONE /3 – Fra Napoli e Palermo, ecco che cosa si mangiava a corte