Politica interna 

Governo Gentiloni: Fuori i verdiniani e fuori Enrico Zanetti. Dello squadrone di sottosegretari e viceministri, che sarà presentato oggi dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni durante la tradizionale conferenza stampa di fine anno, resteranno fuori tutti gli esponenti di Ala-Scelta Civica. Per il resto, si attende una riconferma in blocco rispetto al governo Renzi. La partita dei sottosegretari si chiude, dunque, con una rottura definitiva con Denis Verdini, che era stato una della stampelle del governo Renzi. Gentiloni ha deciso di fare a meno di loro per preservare l’unità del partito: dalla minoranza Pd erano partiti gli strali più forti contro l’ipotesi di un ingresso di Ala nel governo. Diverso il caso di Enrico Zanetti. Riconfermato da Gentiloni, il viceministro dell’Economia ha deciso di fare un passo indietro come segno polemico di discontinuità verso “l’antipolitica delle conferme in blocco a prescindere”.

Intervista a Romano Prodi: Intervistato dal Corriere della Sera, Romano Prodi parla a tutto campo dei problemi politici attuali dell’Italia. Secondo il professore il Movimento % Stelle “si è rafforzato come tutti i populismi del mondo occidentale”, ma è dannoso e sbagliato fare una legge elettorale solo per fermare Grillo, infatti “la mia esperienza mi dice che approvarne una a breve termine di solito finisce per ritorcersi contro a chi la fa”. “In questa fase sono favorevole a una rivisitazione del cosiddetto Mattarellum, credo sia l’unico modo per ricreare un minimo di rapporto tra elettori ed eletti e spingerà i partiti a mettere in campo candidati decenti, in grado di essere riconosciuti in collegi uninominali non troppo grandi”. Nello scenario politico odierno i movimenti populisti sono sempre più forti, favoriti “dalla crisi del modo in cui si esprime la volontà popolare, l’approccio col quale sono state gestite le crisi economiche e le disparità crescenti di reddito”. Si tratta di movimenti che “allargano sempre di più l’orizzonte degli interlocutori, e incidono su una gamma sempre più vasta di sensibilità” e  che sfruttano la paura e la richiesta di sicurezza da parte dei cittadini. “I populisti sono in ascesa perché nessuno sembra in grado di riprendere una discussione a 360 gradi e di contestare un modello di potere verticale che ha fallito. Non si discute più nelle assemblee, nei partiti, nel Parlamento. Né basta dire: ma i populisti non hanno programmi. E perché dovrebbero averne? A loro interessa demolire, e poi si vedrà”.

Politica estera

Usa/Israele: Ieri il Segretario di Stato John Kerry, con un discorso di oltre un’ora, ha riepilogato senza peli sulla lingua i 4 anni di lotta per cercare la pace fra israeliani e palestinesi, e ha mandato un ammonimento: “Non ci sono alternative alla soluzione dei due Stati, e non bisogna perdere la speranza di ottenerla”. Tuttavia lo stesso ha aggiunto che “sempre di più il futuro di Israele viene definito dall’agenda dei coloni”, e la situazione sul terreno “punta verso la creazione di un solo Stato”, e se ciò avverrà “non ci sono possibilità che un solo Stato israeliano possa essere allo stesso tempo sicuro e democratico”. “Più ci saranno insediamenti israeliani in Cisgiordania e più la pace sarà difficile. L’espansione degli insediamenti non ha nulla a che vedere con la sicurezza di Israele”. “Una grande delusione”, ha commentato a caldo il premier Benjamin Netanyahu, accusando Kerry di aver “attaccato l’unica democrazia in Medio Oriente mentre la regione è in fiamme e il terrorismo dilaga”. Anche Donald Trump, più accondiscendente alle istante dello Stato ebraico, è intervenuto sulla questione: “Non possiamo continuare a far sì che Israele sia trattata con totale disprezzo e mancanza di rispetto”. Ad accogliere invece di buon grado l’intervento di Kerry è il presidente palestinese Abu Mazen pronto a riprendere i negoziati di pace se Israele congelerà la costruzione di nuovi insediamenti. Il timore per Israele è che Obama voglia ottenere un consenso di principio col quale presentarsi alla conferenza sul Medio Oriente promossa dalla Francia per il 15 gennaio a Parigi, e ottenere il via libera al progetto dei “due Stati” prima dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca.

Usa/Russia: Secondo quanto riportato dal Washington Post, il presidente Barack Obama starebbe preparando una serie di misure punitive nei confronti della Russia per le (presunte) ingerenze del Cremlino nelle elezioni presidenziali americane, misure che si concretizzerebbero in sanzioni economiche, censure diplomatiche e operazioni informatiche sotto copertura, ovvero azioni di hackeraggio “legalizzato” che potrebbero avere come obiettivo sistemi informatici e reti digitali russe. E per evitare che Trump le cancelli, Obama starebbe apprestandosi a dichiarare il sistema elettorale “parte essenziale delle infrastrutture del Paese”. Una sorta di legge del taglione in risposta agli attacchi compiuti dai pirati della rete al soldo di Mosca per entrare nei server del Democratic national committee e carpirne informazioni controverse relative alla campagna di Hillary Clinton. Sulla vicenda è stata avviata anche un’inchiesta bipartisan del Congresso fortemente voluta dallo stesso Obama e durante la quale sarebbero emerse prove inconfutabili delle ingerenze della Russia nel processo elettorale.

Economia e Finanza

Intervista a Pier Carlo Padoan:  Ospite al Forum del Sole 24 Ore, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha parlato di banche, del caso Monte dei Paschi, della Vigilanza Bce e di altri temi caldi come il decreto salva-banche, i rapporti con l’Europa, la riforma delle Popolari, il caso Vivendi/Mediaset. Sulle banche il titolare dell’Economia non nasconde la questione “delle responsabilità di singoli manager che hanno prodotto danni rilevanti a investitori, azionisti, risparmiatori e imprese. Queste responsabilità vanno sanzionate, e nel nostro Paese non è stato fatto ancora abbastanza”. Se da una parte il ministro ha attaccato l’opacità della vigilanza Bce (“qualche informazione in più sui criteri con cui si è arrivati alla decisione di chiedere un aumento di capitale di 8,8 miliardi a Mps sarebbe stata non dico gentile, ma utile”) e ha difeso il lavoro per una soluzione di mercato alla crisi Mps “pienamente condivisa con Renzi perché pensavamo entrambi che sarebbe stata l’opzione migliore”, dall’altra ha spiegato che “il vero mandato politico del governo Gentiloni è implementare le riforme, dal Jobs Act alla giustizia, dalla pubblica amministrazione agli stimoli agli investimenti che possono portare 0,5% di Pil in più”. Il tutto in un’Europa in cui “a volte si ha la sensazione che si cerchi un po’ il conflitto piuttosto che il bene comune”. Ma sono le banche, naturalmente, ad aver acceso la discussione di ieri, a partire dalla richiesta da parte della vigilanza della Bce di una ricapitalizzazione di Monte Paschi di 8,8 miliardi. Secondo Padoan, “oltre alla lettera sarebbe stata utile qualche spiegazione” in più da parte della Bce, “perché la mancanza di informazione si traduce in opacità e le cose opache inducono a interpretazioni quasi sempre sbagliate”. Il ministro, inoltre, ribadisce di non essere “affatto pentito di avere sostenuto l’operazione di mercato, che sarebbe stata l’opzione migliore e avrebbe avuto effetti positivi, evitando i problemi che invece ci sono adesso” e conferma il suo appoggio all’attuale management della banca e all’ad Marco Morelli (“non è in discussione”): “Voglio ribadire il mio ringraziamento e il mio sostegno al management attuale della banca, che sta svolgendo un lavoro molto importante. Padoan assicura, comunque, che il “sistema bancario italiano è solido” anche se ci sono “alcuni casi critici (oltre a Mps) che devono essere risolti, e ora c’è uno strumento precauzionale e volontario che può intervenire sulle banche che ne fanno richiesta. Lo Stato ha messo sul tavolo uno strumento dotato di risorse sufficienti che le banche possono valutare in termini di costi e benefici”. Strumento che tuttavia impatta sul debito pubblico, anche se il ministro si dice “fiducioso che la gestione del debito continuerà a produrre risultati positivi”.

Decreto Milleproroghe: “Salvataggio” per 40mila precari della pubblica amministrazione: è questa una delle missioni più importanti del decreto milleproroghe oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri. Dal primo gennaio, infatti, a causa di una norma contenuta nel Jobs Act, sarà vietato il rinnovo dei contratti a termine e delle collaborazioni con la pubblica amministrazione. Risulta pertanto urgente una proroga dei loro contratti chiesta ieri a viva voce dalla Cgil. Il decreto di oggi prevede un intervento anche a favore delle due categorie “disagiate” di vincitori di concorsi e di coloro che sono stati dichiarati “idonei” in un concorso: entrambe le categorie saranno “prorogate” per tutto il 2017. Viene anche ammorbidito il meccanismo anti-evasione che obbliga la trasmissione telematica di tutti i dati delle fatture all’Agenzia delle Entrate. Fronte caldo anche quello delle banche, con la trasformazione in spa entro la fine dell’anno delle popolari con più di 8 miliardi di attivo. Anche in questo caso si pensa ad una proroga, forse di sei mesi, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale e di un quadro normativo più certo. Infine il decreto prevede anche la sospensione delle rate sui mutui bancari per tutto il 2017 per i residenti dei 130 comuni colpiti dai terremoti di agosto e di ottobre.