Oggi Gomorra ha compiuto dieci anni, i riflettori dell’opinione pubblica e della giustizia sono tornati ad accendersi sulla camorra, che era scivolata nel disinteresse da tempo, i casalesi hanno pagato un prezzo giudiziario importante a questa notorietà e Roberto Saviano vive ancora sotto protezione – Scrive Mario Calabresi su Repubblica -. La scorta non è un merito, e una gabbia e il segnale più evidente di un Paese malato. Un Paese che ha il record dei giornalisti sotto tutela perché denunciano la criminalità organizzata (anche per questo l’Italia è messa così male nella classifica mondiale della libertà di stampa ), dove si bruciano le auto ai cronisti, dove gli avvocati dei mafiosi minacciano platealmente nelle Aule dei Tribunali chi ha avuto il coraggio di raccontare. Di questo dovremmo parlare. Invece c’è chi fa campagna elettorale. come il senatore verdiniano Vincenzo D’Anna, sostenendo che a Saviano si dovrebbe togliere la scorta e che con i soldi rispar miati si combatterebbe meglio la camorra. Se ragionassimo come il senatore potremmo replicare che anche i soldi delle nostre tasse potrebbero essere meglio spesi se non dovessero pagare il suo stipendio da parlamentare che ha già cambiato partito tre volte.
Massimo Adinolfi, sul Mattino, si interroga invece sulla lezione che arriva da Gomorra: “I bambini di Napoli giocano a Gomorra. Cosi recita la didascalia del video diffuso ieri dal sito Dagospia, in cui si vedono ragazzini che imitano un agguato camorristico in strada con modalità che ricalcano quelle della serie televisiva. Se è così, forse la questione del valore artistico, culturale o spettacolare di Gomorra può passare in secondo piano. Se i minorenni sparano per finta, e nella stessa giornata di ieri un sedicenne finisce in carcere per aver sparato per davvero, crivellando di colpi un ventiduenne solo per motivi di gelosia, una riflessione che va-
daal dilà delle scelte estetiche della squadra di autori e registi del serial si impone.
Il fatto è che però i piani continuano a confondersi. E la legittima preoccupazione per l’immagine
di Napoli che la fiction fornisce, e per gli effetti imitativi che suscita, spinge i critici di Gomorra a improvvisarsi sceneggiatori, suggerendo correzioni per i prossimi episodi, o per le serie future. Ci vuole almeno un po’ di bene, che rischiari l’inferno di Gomorra.

Difende Gomorra così com’è, invece, Paolo Chiariello, “SCRIVO da napoletano – sostiene su Repubblica – Non per difendere la fiction “Gomorra”, che tanto e giustamente fa discutere, ma perché credo sia opportuno oartecipare ad un dibattito sulle condizioni in cui versa la nostra città smettendo i panni del giornalista, nei quali sono e spero anche di sembrare neutro. Leggerete dunque la mia opinione, non rappresento nel modo più assoluto l’azienda per cui lavoro: Sky.
Trovo che la Gomorra del regista Stefano Solima (e Roberto Saviano) sia un racconto intellettualmente onesto, lineare, pulito, spietato, crudele.
Un racconto che ci mette in crisi per la veridicità delle atrocità di cui è permeata la vita dei camorristi protagonisti.