Sette miliardi di euro di titoli di Stato italiani ceduti in sei mesi, tra il gennaio e il giugno 2011. Per questa mossa, che fece fibrillare il mercato nell’anno del rischio di default italiano concluso con la caduta del governo Berlusconi, la Deutsche Bank è finita sotto inchiesta assieme al coamministratore delegato uscente Juergen I’itschen e quattro ex top manager.
Il sostituto procuratore di Trani Michele Ruggiero ha indagato per il reato di manipolazione del mercato l’ex vertice della banca. Quella vendita «massiccia» di titoli «nel brevissimo tempo», è l’accusa scritta nel decreto di perquisizione, fu «autorizzato o comunque disposto» dall’allora management della banca con «condotte artificiose, a carattere informativo ed operativo, da ritenere manipolative del mercato». Nei giorni scorsi sarebbe stato ascoltato, ma come testimone, Flavio Valeri, responsabile di Deutsche Italia. E l’Intenzione dei magistrati è di convocare come persone informate dei fatti anche l’ex mi nistro dell’economia Giulio Tremonti e l’ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi che commentò la vendita di titoli così: «Mi ha sconvolto, vuol dire che è la fine di ogni legame di solidarietà». La notizia ha fatto subito il giro del mondo. Con la Deutsche Bank che ha definito l’indagine «priva di fondamento». E – dopo aver assicurato di collaborare all’inchiesta – ha precisato come quella vendita massiva fosse servita «a ripianare l’esposizione dovuta all’acquisizione di Postbank (avvenuta a fine 2010)». Una giustificazione che la procura ritiene falsa.

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