UNO spreco di soldi pubblici andato in scena per anni. Stiamo parlando della pioggia di milioni di
euro piovuta, in nome del pluralismo deirinformazione, sui quotidiani italiani. Un sistema di finanziamento che non ha mai tenuto conto delle copie vendute in edicola (al massimo di quelle stampate, e in molti casi destinate, in mancanza di lettori, a finire al macero) ma si è ispirato all’appartenenza delle testate in modo diretto (e spesso indiretto, cioè col ‘trucco’) a organi di partito o a minoranze linguistiche, cooperative, fondazioni, enti morali.
COSI si scopre che dopo Avvenire (il quotidiano della Cei) che nel 2014 aveva ricevuto 3,8 milioni, al secondo posto spicca Italia Oggi, con 2,998 milioni. Il quotidiano che fa capo al gruppo Class, in base alle legge del 1990, riceve i contributi – edito da Erinne Srl il cui legale rappresentante, nonché editore e direttore è Paolo Panerai, patron del gruppo – rientrando nella categoria dei quotidiani pubblicati da cooperative, fondazioni ed enti morali. Anche se fa capo a un gruppo privato e quotato in Borsa.
Così, per un giornale che, secondo i dati Ads di gennaio 2016, vende quasi 24mila copie al giorno, al prezzo di 2 euro, ciascuno di noi versa – fatti quattro conti – circa 40 centesimi. Anche se non lo compra.