Nicola Gullì (Palmi 5 gennaio 1866 – Buenos Aires 8 dicembre 1954), come tutti i nostri artisti, è pochissimo conosciuto ai palmesi e ai calabresi ed è invece arci famoso in Argentina dove, specialmente a Buenos Aires e Santa Fè le sue opere tappezzano letteralmente le piazze, le strade e i palazzi, avendo avuto contatti e incarichi con le più alte personalità Argentine, non ultimo “ nel 1910 è ricevuto nella Casa Rosada dal Presidente Saenz Roque Peña che gli affida il restauro del grande rilievo in marmo e bronzo donato da re Vittorio Emanule III all’Argentina in occasione del Centenario dell’Indipendenza nazionale (il bassorilievo, giunto a Buenos Aires completamente distrutto verrà con paziente lavoro rimodellato interamente dal Gullì e collocato nel Palazzo del Governo presso la c.d. «scalinata d’Italia»).
Ma per la più completa lettura della vita di questo artista palmese vi rimando allo scritto del nipote, lo scultore Achille Cofano, che a Palmi ha già realizzato due importanti lavori – Monumento al Pescatore, collocato sul lungomare della frazione Tonnara e il bassorilievo dedicato ai Vigili Urbani caduti sul lavoro, conservato all’ingresso del Municipio –
Vorrei invece centrare questo scritto quasi esclusivamente al periodo “italiano” di Nicola Gullì, che ha cioè preceduto il trasferimento in Argentina e che si colloca tra la nascita e il 1901 e raccontarvi contestualmente la storia del monumento a Rocco De Zerbi a Oppido.
Questo periodo del bios di Gullì è fondamentale per la sua formazione e ricco di opere e riconoscimenti.
Non avrebbe scalato la vetta della popolarità in Argentina, dove viene considerato uno degli artisti più importanti che in quel Paese hanno operato, senza le basi artistiche maturate in quei trentacinque anni, senza le esperienze acquisite, in tante iniziative culturali di livello nazionale e, forse, senza la militanza politica che tanto gli costò, se è vero che la scelta di accettare una committenza a Buenos Aires nel 1901, che doveva essere un trasferimento momentaneo, divenne una vera e propria migrazione. Annusata l’aria e i continui riconoscimenti ottenuti, Gullì infatti decide di non tornare più a Palmi.
Dicevo delle basi artistiche maturate nel periodo italiano di Nicola Gullì, ma anche le delusioni.
Appena sedicenne comincia a frequentare lo studio d’arte di Domenico Augimeri, il quale riconoscendone il talento, soprattutto per il modellato, lo raccomanda allo scultore di Villa San Giovanni Rocco Larussa.
Frequenta poi La Scuola d’Arte applicata all’Industria di Reggio Cal e completa gli studi a Napoli presso il Regio Istituto di Belle Arti nel 1889. A Napoli entra in contatto e ne diviene discepolo con Achille D’Orsi e con il Morelli che lo fanno esporre nel 1890 alla Promotrice per l’inaugurazione della Galleria Umberto I.
A ventisei anni, nel 1892 rientra a Palmi, dove apre la sua bottega d’arte sul corso Garibaldi di fronte alla sede della ex Libreria Aracchi, che sarà frequentata dai più importanti personalità del tempo. L’on. Rocco De Zerbi ogni volta che capitava a Palmi divideva il suo tempo tra lo studio del pittore Domenico Augimeri e quello di Gullì. Fino al 1901 saranno dieci lunghi anni pieni di lavoro e soddisfazioni per il giovanissimo artista palmese, il quale riceverà commissioni da amministrazioni ed enti locali e per le note personalità che apprezzano lo stile classicheggiante, ma nuovo per espressioni e forme di Gullì. Sono di questo periodo la Stele in marmo a Giuseppe Garibaldi per la Città natale, un angelo in marmo per la Basilica della Madonna dei Poveri in Seminara,
Una statua dell’Immacolata per il duomo di Villa San Giovanni, i busti del Marchese Francesco Ajossa, dell’On. Rocco De Zerbi, di Domenico Sofia di Taurianova, dell’avv. Nicola D’Elia, di Salvatore Gerocarni e i monumenti funebri al Duca D’Aosta, a Rocco De Zerbi, al Marchese Ajossa, a Umberto I, ed altri.
Nel 1893 tenta di aprire a Palmi, sul modello di quella di Reggio Cal. frequentata da giovane, una Scuola D’Arte applicata all’Industria, ma il progettò fallisce sia perché l’anno dopo avvenne il terribile sisma che devastò la Calabria meridionale e la Sicilia ed ebbe epicentro proprio a Palmi, ma soprattutto per la cecità di cittadini e amministratori locali che invece di incoraggiare, osteggiarono l’iniziativa.
Nel 1895 viene ammesso con altri 20 scultori italiani alla I Biennale D’Arte Internazionale di Venezia con l’opera “Il Primo Mozzicone” acquistato poi da Demetrio Tripepi. Nello stesso anno realizza forse la sua opera capolavoro “Aspettando l’Onda” vincendo il secondo premio alla Esposizione Nazionale di Roma organizzata dalla Società Amatori e Cultori di Belle Arti. L’opera viene esposta presso la sala IX del Palazzo delle Esposizioni dal novembre 1895 al marzo 1896.
Tra i visitatori della mostra, un giovane Luigi Pirandello, corrispondente da Roma per il Giornale di Sicilia. Nell’articolo che invia scrive:
«Simpaticissima, geniale, piena di brio e di vivacità, la statua in gesso di Nicola Gullì, Aspettando l’onda: un ragazzo dal visetto furbo, ridente, si è buttato supino sulla spiaggia e con le mani affondate nella ghiaia e le gambette alzate si volge a guardar l’onda spumosa che
arriva, e che lo bagnerà»1
Ma quello di Pirandello non è un giudizio favorevole isolato. Scrive il corrispondente del giornale napoletano La Tavola Rotonda:
«La nota più lirica, alata, e, direi quasi squillante ve la dà, alla sala IX, l’Aspettando l’onda del Gullì. Una statua in gesso di un ragazzo che, bocconi sul lieve declivio bagnato di un lembo della spiaggia del mare, con le mani aggrappate all’ultimo lembo della rena asciutta, ed il viso, tutto rorido dell’ultimo flusso dell’onda, rivolto al mare, e le gambe alzate per paura dell’impressione imminente, aspetta, col brivido della sensazione per tutto il corpo ed il piacere negli occhi, il ritorno dell’onda. L’armonia dell’idea con la viva e naturale e luminosa e potente traduzione di essa, è meravigliosa. Il brivido della sensazione, mista al piacere, vibra, proprio, lungo le reni e nel volto del ragazzo»2
E la Rivista Popolare romana:
«…Nicola Gullì di Palmi, esso pure un giovane promettentissimo, ha una statua in gesso “Aspettando l’onda” (fanciullo nudo sdraiato sulla ghiaia) buona e viva come sentimento, modellata con intelligenza grande. E’, questa statua, una fresca osservazione del vero e ciò è quello che più la rende piacevole»3
La una straordinaria scultura in gesso oggi è conservata nei locali dellaa Casa della Cultura “Leonida Repaci” a Palmi.
Nel contempo si lega politicamente a Mariano Repaci, il barbuto fratello maggiore di Leonida che era uno dei primi, se non il primo militante socialista palmese, conosciuto e stimato in campo nazionale. Il bravo scultore In alcune memorie Gullì ricorda che Mariano Repaci ed altri socialisti palmesi erano frequentatori abituali del suo studio. Gullì, Repaci e pochi altri fondano il primo circolo socialista palmese, partecipando al Primo Congresso Socialista delle Federazioni Calabresi che si svolse nel 1896 a Palmi e aderendo al Congresso Nazionale che si celebrò l’anno dopo a Firenze nel 1897.
“La scelta di Palmi a sede del primo congresso regionale, non certo determinata dalla notorietà e daql ruolo sociale dei componenti dei gruppi reggini, i quali non potevano ocontare su socialisti di lunga milizia come Domanico, o di spicco intellettuale e professionale come il sociologo Pasquale Rossi o il filosofo Antonino di Bella, fu evidentemente dettata dal loro attivismo e dalla rapida diffusione nel capoluogo e nella provincia. (…) Si possono solo segnalare i nomi dei militanti che in vario modo si ricavano dalla stampa e dalle note prefettizie (…)A quello di Palmi l’operaio De Martinis, “l’agricola “ Fondacaro, Cristofaro Rota, Luigi Meduri, Gullì, Sprizzi, Lascala, Palermo, Francesco e Mariano Repaci, Francesco Comerci, Michele e Antonio Parrello..”.4
La militanza socialista gli attirò addosso ire e inimicizie e i contrasti politici incisero talmente sul lavoro di Nicola Gullì al punto da convincerlo ad accettare unaq commessa in Argentina e all’espatrio.
Fu, insieme agli altri, sorvegliato speciale e continuò ad esserlo praticamente fino alla fine della seconda guerra mondiale anche in Argentina.
Prima di partire per il Sud America fece in tempo a vincere le medaglie d’oro alla Esposizione d’Arte di Messina nel 1899 e di Monteleone nel 1900.
In questo periodo si inserisce la strana storia del Monumento all’on. Rocco de Zerbi che doveva essere collocato a Oppido Mamertina, che non è Città natale del celebre uomo politico nato invece a Reggio Cal. ma di Oppido erano e in quel centro vivevano i genitori e tutti i familiari. All’epoca dei fatti addirittura il fratello Gaetano de Zerbi era Sindaco di Oppido.
Rocco De Zerbi morì giovanissimo, appena cinquantenne, probabilmente suicida diciotto giorni dopo che la Camera dei Deputati aveva all’unanimità accolta la richiesta dei giudici di autorizzazione a procedere contro di lui per lo scandalo della Banca Romana nel quale era stato coinvolto insieme ad altri esponenti di spicco della politica nazionale. A lui, nel 1879, Matilde Serao aveva dedicato il suo libro “Dal Vero” con questa epigrafe: “«A me, ignota ancora, voi apriste generosamente le colonne del vostro giornale; nella breve e modesta via letteraria che ho percorsa mi foste prodigo d’incoraggiamenti. Permettete che ve ne ringrazi, ancora una volta, offrendovi questo libro”. Il giornale di cui parla la scrittrice napoletana era “Il Piccolo” fondato da De Zerbi a Napoli e ad esso aveva collaborato la Serao.
Il giorno dopo la morte di Rocco De Zerbi, mentre il fratello Sindaco appresa la triste notizia era volato a Roma viene convocato il consiglio comunale, presieduto dall’assessore anziano Domenico Grillo, per decidere le iniziative più idonee al tragico momento. Viene adottato un atto deliberativo con il quale si decide di realizzare un monumento – busto in marmo – da collocare nella piazza principale al posto di una vecchia fontana e di intitolargli una importante arteria cittadina che allora si chiamava via Mamerto.
Gli amministratori mamertini presero immediatamente contatto con Nicola Gullì, talchè il Piccolo, giornale che si pubblicava a Palmi, il 21 settembre1893 informava che nello studio di Nicola Gullì era stato visto il busto di Rocco De Zerbi e che: “Il lavoro rivela i pregi dell’artista, il quale non solo seppe ritrarre le sembianze dell’illustre uomo, ma seppe infondere sul marmo la espressione vera e propria del personaggio”.
Ma nello stesso giorno, il Consiglio Comunale viene sciolto e per oltre un anno della delibera e del monumento nessuno parlò. Fino al 21 maggio del 1894 allorquando il consigliere comunale Gregorio Gerardis con interrogazione scritta al Sindaco “intesa a sollecitare provvedimenti necessarii perché la delibera anzidetta avesse piena esecuzione” ricavandone assicurazione dal Sindaco.
Dovette trascorre quasi un anno e il Sindaco nella riunione del Consiglio del 7 aprile 1895, informava il Consiglio che la Giunta Comunale aveva preso contatti con lo scultore palmese Nicola Gullì, il quale aveva preparato un bozzetto in gesso e relativo progetto per la base del monumento, che è stato: “testè esposto nella Sala municipale e nella Piazza di Oppido, ed ha riscosso il pubblico gradimento”. Il costo dell’intera operazione sarebbe ammontato a £. 3000 comprendendo anche le opere di contorno.
Con la stessa delibera veniva deciso di intitolare a Rocco De Zerbi la via Mamerto.
A Oppido Mamertina del Monumento a Rocco De Zerbi non se ne parlò più, fino 20 giugno 1926, quando il Consiglio Comunale delibera di affidare l’incarico per un busto in marmo di Rocco De Zerbi, all’artista oppidese Concesso Barca che lo realizza per l’importo complessivo di. 5100. L’opera viene realizzata quasi in copia con quella esposta nella Villa Comunale di Reggio Cal e posta in loco nel 1934.
Nicola era già da trentanni felicemente operoso in Argentina.
Quel che accadde di così importante da far saltare la commessa del monumento a Nicola Gullì non è dato sapere con certezza. Rocco Liberti nelle sue capillari ricerche non trova causa documentata e ipotizza due possibilità. La prima è che tra la delibera del 1893 e la data prevista di consegna da parte di Gullì del busto, vi fu il citato terremoto del ’94 e dunque ovvio che nessuna lira potesse essere sprecata per altro che non fosse il risollevarsi da quella immane catastrofe. La seconda, a mio modesto parere, non verosimile, è che Gullì emigrò in Argentina nel 1901 (otto anni dopo) dedicandosi ad altri e più remunerati incarichi artistici.
Così come è da verificare la fine che fece il bozzetto in gesso già realizzato.
Da quel giorno che pose piede sul suolo americano iniziò per Nicola Gullì una lunga cavalcata artistica con la realizzazione di tante opere d’arte che ancora adornano vie, piazze e palazzi argentini.
Gullì non tradì mai la scuola da cui proveniva e la sua concezione di arte e scultura, condiviso in questo da Michele Guerrisi che, nel dicembre del 1952 scrive un saggio critico dell’artista palmese (che intanto aveva superato gli ottantasei anni) che ancora oggi rimane forse il testo più completo, quello che meglio fotografa la poetica e lo stile del grande scultore:
“Forse presto sentiremo tutti la necessità di rivedere la storia dell’arte nostra, riprendendone il filo là dove una errata interpretazione lo aveva smarrito, e molti artisti, superando il silenzio che pareva dovesse sommergerli, ritorneranno nella chiarezza di un sereno giudizio. Uno di questi è certamente il Gullì, il quale, pur lontano dalla Patria, che non sempre è stata madre affettuosa, ha saputo conservare nello svolgimento della sua attività quel calore di vita che gli veniva dalla sua origine ellenica (Palmi sorge tra Medma e Reggio) e dalle promesse di quella scuola Napoletana che con Gemito e D’Orsi, doveva dare al mondo le più schiette creazioni plastiche dell’ultimo ottocento europeo. Il fatto che anch’io provengo dalla stessa educazione, mi fa comprendere il significato più riposto di questa visione, che a menti viziate da ingannevoli sculture potrebbe sembrare indifferente, veristica, banale ed è invece squisitamente poetica, e veramente originale. Non si può giudicare di scultura se non cogliendola nella sua più caratteristica essenza: nel gioco vivo
dei suoi piani, nell’interezza compiuta dei suoi volumi, nella viva coerenza dei suoi movimenti colti in quel divenire ideale per cui il prima e il poi si contraggono nell’atto eterno dell’immagine creativa.”5
Nicola Gullì muore a Buenos Aires nel 1954, il giorno di quella Immacolata da lui scolpita per il Duomo di Palmi, abbandonata come un vecchio coccio per quasi settant’anni e, grazie alla denuncia del nipote Achille Cofano, dell’ex sindaco Mimmo Ferraro, di Guido Augimeri e del giudice Naccari, fu operato un restauro (ricostruzione) a dire il vero molto approssimativo nel 2005.
dI NATALE PACE
1 (L. PIRANDELLO, L’Esposizione di belle Arti in Roma, in «Giornale di Sicilia», Palermo, 2 novembre
1895; cfr.: F. TAVIANI (a cura di) Pirandello. Saggi ed interventi, collana «I Meridiani», Mondadori,
Milano 2006, p. 173).
2 La Tavola Rotonda, Napoli 27 ottobre 1895
3 Rivista Popolare, Roma 15 dicembre 1895
4 Gaetano Cingari – Il partito socialista nel reggino – 1888-1908 – Laruffa ed. Reggio Cal.
5 Tratto da uno scritto di Michele Guerrisi (Nicola Gullì, in La Voce dei calabresi, Buenos Aires, dicembre 1954)