Ma davvero senza il Sud il Nord starebbe meglio e sarebbe più ricco? Per rispondere a questa domanda ricostruiamo le vicende storiche dello stato italiano. E scopriamo una cosa che è sotto gli occhi di tutti: tutte le componenti del Paese, a cominciare dal Sud, sono state determinanti per lo sviluppo della nazionale. Ripercorriamo alcuni passaggi fondamentali:

  1. E stato il gettito fiscale dell’intero paese, relativamente ampio e di provenienza prevalentemente agraria, a farsi carico prima del debito che il Piemonte portò in dote all’Unità, e poi dello sviluppo infrastrutturale, delle ferrovie, delle scuole, dei telegrafi.
  2. Sono state le rimesse dei tantissimi emigrati – prima dal Nord-Est e poi massicciamente dal Sud — a finanziare il saldo della bilancia commerciale, e a permettere, soprattutto a quelle regioni che si industrializzarono prima, di importare beni capitali e tecnologie.
  3. E stato il sacrificio dell’intero paese, e in particolare dei più poveri, del Sud agricolo, a sostenere le spese per i grandi salvataggi industriali, e poi, dopo la Grande Recessione, per la nascita dell’Iri e la sopravvivenza di gran parte del settore bancario e dell’industria pesante nazionale.
  4. Negli anni della ricostruzione e del boom economico il ruolo del mercato interno c decisivo: prima di spiccare il balzo verso i mercati europei, sull’onda dell’integrazione comunitaria, l’industria italiana cresce c si rafforza servendo i consumatori domestici, fornendo loro scarpe e vestiti, frigoriferi e motociclette. E sviluppando i macchinari necessari per tutte le industrie produttrici.
  5. La grande riserva di manodopera nazionale, anche attraverso le massicce c dolorose migrazioni interne dal Sud al Nord-Ovest, consente alle imprese di crescere senza tensioni sul fronte salariale, di evitare a lungo i conflitti distributivi che emergeranno dalla fine degli anni Sessanta.