Il Sole 24 ore dedica uno speciale al Mezzogiorno. Partendo da un dato: la crisi ha ampliato e reso strutturale il «gap» con il resto del Paese. Se nel Centro-Nord l’economia ha mostrato segnali di risveglio nel Mezzogiorno la performance è ancora inferiore ai livelli del 2007. Consumi congelati. Crescono gli indici di povertà e le famiglie tagliano la spesa per l’abbigliamento, ma anche per servizi primari come sanità e istruzione. L’emergenza lavoro: tra i giovani il tasso di disoccupazione supera ampiamente il 50% e diventa sempre più diffuso il fenomeno dei Neet, soprattutto in Campania. Così le ultime statistiche fotografano il Mezzogiorno. Un nuovo campanello d’allarme per misure urgenti che potrebbero arrivare con la legge di Stabilità e il «Masterplan».

Italia sempre più spaccata

Insomma, l’Italia è sempre più spaccata. Ma alla tradizionale divisione tra Nord-Sud si è sostituita una divisione tra Mezzogiorno e Centro-Nord. È il quadro che emerge dall’ultima ricerca di Banca d’Italia sulle economie regionali. Secondo Giuseppe Berta, docente dell’Università Bocconi di Milano, il Pil del Mezzogiorno «crescerà quest’anno di uno striminzito 0,1%, a fronte dell’1% stimato per il Centro-Nord». Per l’economista Marco Deaglio bisogna inventare qualcosa di nuovo, «perché non se ne esce con i modelli che conosciamo». E c’è da considerare la piccola dimensione delle imprese, con una produttività più bassa e una minore competitività rispetto a quelle medio-grandi. Anche negli altri Paesi le imprese nascono piccole, ma poi crescono in fretta oppure muoiono. In Italia, se non muoiono, restano quasi sempre nel limbo della piccola dimensione.
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Che cosa si può fare?


“Che cosa si può fare per il Sud? La globalizzazione non sembra un luogo ospitale. Nell’economia internazionale oggi prevale iI meccanismo della Bazaar Economy, in cui un Paese può assorbire valore aggiunto e semimanufatti da un altro o può produrli e cederli a un altro: il Sud, al di là di alcune specificità virtuose, non riesce a farlo in maniera sistemica. L’eterna transizione italiana ha cronicizzato alcuni ritardi storici. Alcuni processi metamorfici della specializzazione produttiva meridionale – per esempio il turismo – non si sono pienamente compiuti. La recessione ha avuto l’effetto del napalm. I numeri delle istituzioni – Svimez, Banca d’Italia e Istat – atterriscono. Bisogna però superare la perdita della parola da trauma statistico. E, a fronte dei mutamenti strutturali avvenuti negli ultimi venticinque anni, occorre provare a sviluppare un nuovo pensiero sul Mezzogiorno. Rifondare una cultura del Sud, per il Sud, sul Sud. E dunqu e, dell’Italia, per l’Italia, sull’Italia”.

Le mosse del governo

Nel cammino alla Camera della legge di Stabilità è appena arrivato il via libera a un pacchetto che associa il credito di imposta per gli investimenti a un allungamento della decontribuzione per i nuovi assunti. Contemporaneamente, Palazzo Chigi sta ultimando gli incontri con le amministrazioni meridionali che dovranno firmare 15 patti per lo sviluppo. Sono questi i due elementi che costituiscono l’architrave di un progetto di rilancio del Mezzogiorno che al momento, però, non sembra brillare per organicità. I particolari: