Di ANTONIO TROISE – –
“Il Sud puzza, puzza da morire di cancro, di leucemia, di polmoni, di malattie genetiche. Puzza un po’ dovunque. Eppure, i meridionali non si sono svegliati perchè hanno sentito la puzza ma si sono accorti della puzza perchè si sono svegliati; per questo non la sopportano più”. Pino Aprile, con il suo taccuino, lo ha girato in lungo e in largo quel Mezzogiorno che tenta di uscire dal coma. Fra i protagonisti di quella possibile svolta che si intravede fra i miasmi delle discariche e i ricatti della criminalità, non c’è la cosiddetta classe dirigente. Il cambiamento parte dal “basso”, dalle reti, gli hub, i cluster, in una parola dalla ragnatela di associazioni, comitati, movimenti che parla anche attraverso Internet e i social network. Uomini e donne del Sud che vogliono ricreare quella comunità quasi cancellata a 150 dall’unificazione (fallita) del Paese. Colpa di quella sudditanza culturale (è la tesi che Aprile ha sostenuto fin dal suo best-seller, Terroni) prima ancora che politica ed economica, che ha schiacciato il Mezzogiorno ai margini del Paese.
Da Taranto alla Terra dei Fuochi
Pino Aprile, tarantino di nascita, nel suo ultimo libro “Il Sud puzza, Storia di vergogna e di orgoglio” (edizioni Piemme), scopre segnali di risveglio anche nella sua città, alle prese con il disastro dell’Ilva. Abitava proprio di fronte allo stabilimento, una convivenza impossibile. Ma, fino a qualche anno fa, chi parlava dei veleni della fabbrica era ignorato e, addirittura, guardato con sospetto. Poi la gente è scesa in piazza per denunciare i tanti, troppi, morti per tumore e la magistratura ha fatto il resto. E’ lo stesso “risveglio” che ha portato a Napoli centomila persone a protestare contro il “biocidio” della Terra dei Fuochi, il sistematico avvelenamento di una delle aree più fertili del Paese commissionato da imprenditori senza scrupoli (soprattutto del Centro-Nord) ed eseguito dalla Camorra, nel silenzio assordante delle istituzioni. Ma il vento nuovo ha scosso anche Ercolano, alle porte di Napoli, dove dalla denuncia di una donna è partito il movimento anti-pizzo contro i clan che governavano l’intera città, imponendo le proprie tasse.
Il carnevale di Scampia
Perfino a Scampia, la capitale di Gomorra, il corteo di Carnevale, anno dopo anno, diventa sempre più affollato, sfida i protagonisti delle faide sanguinarie. Nel giorno di festa, si invitano i cittadini ad uscire dalle case e a ritrovare un nuovo senso della comunità fra la polvere e il cemento inumano delle Vele. Storie di mamme coraggiose e di giovani, di associazioni nate come funghi e cresciute grazie alla rete.
Ma il lavoro di Pino Aprile ha anche un altro pregio: ci fa capire che, tassello dopo tassello, quello che sembra solo un insieme di frammenti o di macchie di colore, si ricompone in un disegno completamente diverso e per tanti aspetti inedito del Sud. E, nel nuovo quadro, i protagonisti sono i “Cancioli”, una parola che, nel dizionario del nuovo (o ritrovato) Mezzogiorno identifica i “creatori di comunità”.
E’ presto per dire se il ”risveglio” dalla puzza che soffoca il Sud si trasformerà in un vero e proprio riscatto. Non dimentichiamo che la questione meridionale, in Italia, è la più vasta ma anche la più antica fra i paesi del mondo occidentale. Bisognerà solo attendere, a questo punto, se il risveglio raccontato da Aprile saprà abbattere anche il divario che da 150 anni sta condannando un terzo del Paese a suo destino di marginalità e di sottosviluppo. Ma un fatto è certo: dovranno essere per primi i meridionali a svegliarsi. Ed è quello che sta avvenendo.