di Eleonora Diquattro
Politica, petrolio, boschi, industria e spopolamento. Alcune delle parole e dei temi di un libro, quello di Mario Restaino, giornalista dell’ANSA, che delinea un vero e proprio barometro della “questione lucana” odierna.
Nelle 123 pagine, l’autore ci porta tra le “ruge” irrisolte della sua comunità, attraversando per noi le stagioni politiche – dalla sinistra alla destra- le scelte gestionali fatte e non, le stesse che condizionano la situazione attuale. Sarà la lungimiranza con la quale la “nuova”classe dirigente affronterà questi temi – sottolinea l’autore – la chiave di svolta per un opportuno cambiamento di rotta, prima dell’oblio.
Cosa rimane oggi della narrazione “dell’isola felice” ?
Dal punto di vista della narrazione “romantica” (la Basilicata terra del Mezzogiorno senza i clan criminali che intossicano la vita e l’economia di quasi tutte le altre regioni meridionali) resta ancora molto, nel senso che la Basilicata vive un fenomeno criminale contenuto, tenuto a bada da magistratura e forze dell’ordine, anche se in crescita. Per il resto, direi poco: lo spopolamento si sta portando via la “felicità” costituita in passato da un regione piccola che riusciva a fare progetti per il futuro e magari anche a realizzarli (vedi la ricostruzione dopo il terribile terremoto del 1980, bene o male portata avanti anche se incompleta). Inoltre, la regione si è “spezzata” al suo interno: ha aree cresciute e, se non in ascesa, quanto meno in equilibrio, per quanto precario; altre in forte ritardo e piene di problemi.
Coniugare rispetto per l’ambiente e utilizzo dei diritti di sfruttamento del petrolio in modo lungimirante. E’ ancora questo il tema?
E’ senza dubbio uno dei temi. Il ragionamento è semplice: ferma restando la necessità di tutelare l’ambiente, è chiaro che le estrazioni petrolifere in Basilicata dureranno ancora a lungo. Quindi sarebbe necessario “accettare” questa realtà – ripeto, guardando alla tutela dell’ambiente senza distrarsi – traendone tutti i vantaggi che può fornire. I diritti di sfruttamento del petrolio tengono in piedi, ad esempio, il bilancio dell’Università della Basilicata. Se rinunciamo a quei fondi nessuno ce ne presta altri e non abbiamo altre fonti di finanziamento. Quindi che facciamo? Accettiamo il naufragio del bilancio dell’Università, cioè il naufragio stesso dell’Ateneo, o ci applichiamo a spendere bene tutti i diritti di sfruttamento che ricaviamo dal petrolio? La risposta mi pare, ed è, scontata. L’attuazione pratica ha posto e pone qualche problema in più.
In Basilicata alcune aree produttive sono avanti rispetto ad altre. Insomma certe industrie sono in linea con i parametri del nord Italia se non dell’ Europa. Su cosa investire a parer tuo?
Su tutto ciò che può portare lavoro, la cui carenza è una delle cause più grosse dello spopolamento, e sviluppo. Oggi abbiamo in Basilicata una quota di disoccupati e di giovani che non lavorano e non studiano davvero preoccupante. Poi abbiamo alcune realtà industriali felici, penso all’automotive di Melfi, che ha superato ormai diverse crisi, e non solo, o al dolciario a Balvano, con la Ferrero che amplierà lo stabilimento e assumerà altro personale. Non sono che due esempi. Ciò che voglio dire è questo: non dobbiamo avere verso l’industria un atteggiamento negativo preconcetto. E’ anche evidente il fatto che l’industria non è il risultato di programmi basati sul nulla o sulle buone intenzioni: un tessuto infrastrutturale debole – e la Basilicata ne ha uno molto debole – non aiuta di sicuro. In sostanza: se non produciamo nulla, come pensiamo di poterci sviluppare, come pensiamo di accumulare una ricchezza che, divisa con giustizia, porti benessere?
Dalla produzione di ricchezza, passando per la formazione delle coscienze. Chiami in causa anche la Chiesa nel tuo libro come “la più consistente rete infrastrutturale del Sud” – definizione dell’economista Carlo Borgomeo – quale pensi possa essere il suo ruolo oggi e nel prossimo futuro?
Rispondo evidenziando tre aspetti. Il primo: da sempre la Chiesa svolge un ruolo di formazione essenziale a vantaggio in particolare dei giovani. Questa funzione non deve venire meno. Secondo fatto: la Chiesa, in particolare nel Mezzogiorno, dovrebbe sempre di più richiamare la politica, le classi dirigenti (altro tema dolente), i decisori, gli intellettuali, chiunque abbia una pur minima responsabilità – cioè tutti – a fare di più, a fare il proprio dovere, a fare scelte giuste e coraggiose. Se penso a tutto quello che la Chiesa ha fatto e fa nel Mezzogiorno contro la criminalità organizzata – anche con i suoi martiri, con i suoi sacerdoti assassinati – dico che la speranza c’è ancora ed è grande. La Chiesa non deve fare politica, ma deve continuare a dire alla politica la verità sulle sue scelte, aprendo la riflessione, pacata ma seria, su quelle sbagliate. Terzo aspetto: se la società contemporanea, non soltanto meridionale, non riflette sul grado di distanza dalla religione, in particolare dalla Chiesa, a cui è arrivata, secondo me non usciamo dal pantano. Non sto facendo un appello al clericalismo e non voglio una società di bigotti e baciapile. Ma la parabola di una società che pare aver rifiutato la religione e si aggroviglia sempre di più in grossi problemi mi sembra che sia sotto gli occhi di tutti. Come ne usciamo?
Come ne usciamo, difatti. Quale futuro può avere una terra senza i “suoi” giovani. Quale strategia per invertire la rotta delle spopolamento?
Detto senza giri di parole: se la Basilicata non blocca lo spopolamento e non inverte la rotta è finita (alcune aree sono già, temo, oltre il punto del non ritorno). Ho paura che questo destino non riguardi soltanto la Basilicata. Tanti studiosi ci avvertono che l’Italia ha nell’”inverno demografico” un nemico formidabile, mortale. Io ho l’impressione che la politica – tutta, senza distinzioni di colore e schieramento – stia preferendo fare scelte “conservatrici”, per accontentare la maggior parte degli elettori di oggi, che qualcosa hanno, trascurando i giovani, che hanno la vita davanti ma pochissimo altro, se si escludono molti debiti da pagare (quelli che si sono fatti finora e si stanno ancora facendo). Quindi, scelte coraggiose, studio dei casi – ce ne sono – dove il tasso di natalità è tornato a crescere e politiche a vantaggio dei giovani e, in particolare, delle donne. Facciamo scelte che spianino la strada alle famiglie, scelte vere e non pannicelli caldi e vediamo se la tendenza si modifica. Leggo che in altri Paesi ci sono riusciti: noi che abbiamo per non farcela? Il libro contiene anche un forte richiamo all’informazione, che va esteso a tutti gli intellettuali: se chi deve scuotere le coscienze, fornire materiali per riflessioni fondamentali, viene meno al suo compito, chi ci aiuterà a mettere a fuoco i problemi veri da risolvere?
Terra del Mezzogiorno. Dove lo spopolamento si sta portando via la “felicità” costruita in passato.
“Basilicata. Ritratto con rughe”edito da Grafie Edizioni,
di Mario Restaino, giornalista e capo servizio dell’ANSA.