“La carenza di infrastrutture e di nodi intermodali che limita le imprese e pesa sulla competitività dei prodotti. Ne sanno qualcosa gli imprenditori “resilienti” del Sud capaci di lanciare il cuore oltre l’ostacolo di complessità, criticità e logistica deficitaria”. Vito Grassi, titolare della Grade Spa e vice presidente dell’Unione degli industriali con delega all’Energia e alle Infrastrutture, commenta così i dati dell’ultimo Rapporto Srm sullo sviluppo dei trasporti che si presenta il 21 giugno nella sala delle assemblee del Banco di Napoli.
Ingegnere, il direttore di Srm Massimo Deandreis lo ha ribadito in una intervista la Mattino in cui anticipa il Report. La via della Seta favorirà anche i porti del Sud. E ciò dimostra come sia sempre più indispensabile attrezzare la logistica di terra per accrescere la competitività dei sistemi portuali nelle aree, come il Sud Italia, che più potrebbero trarre vantaggi da questo scenario. Perciò bisogna lavorare però ancora molto sulla logistica e sullo sviluppo di sistemi retroportuali. Qual è il suo giudizio in proposito?
Da anni Srm conferma che il Sud esporta tantissimo proprio perché è una piattaforma europea lanciata verso il Mediterraneo, al quale si pensa spesso come il mare dei migranti e dei clandestini. Come sempre la medaglia dei problemi ha un’altra faccia, e si chiama opportunità. I due terzi dell’export meridionale dipendono dal mare. Grazie al raddoppio del canale di Sue ormai è attiva una a linea che arriva in Cina e viceversa. Il centro studi di Banca Intesa ribadisce che i porti del Sud sono in grado anche di garantire la connessione tra mega vettori navali e unità più piccole destinate a tutto il bacino marittimo italiano.
Gli scenari di sviluppo dicono quindi che i porti del Sud hanno una prospettiva di crescita enorme, potendo servire tutto il Paese in virtù della loro collocazione geografica?
E’ per questo che sono d’accordo con chi sostiene che l’approvazione delle Zone franche sarà determinante. De Andreis tiene anche a sottolineare che i porti del Mediterraneo hanno guadagnato quote di mercato nei confronti di quelli Nord europei. E hanno raggiunto risultati migliori, il che dimostra che sul mare siamo già competitivi.
Ciò che fa la differenza è il costo legato alla distanza terrestre tra l’azienda che esporta e il porto di imbarco?
Non solo. Fa impressione che in poco tempo è stato raddoppiato il canale di Suez, un’opera costata 14 miliardi di euro, con l’obiettivo di il progetto di sviluppo del Canale consentirà il transito di navi di nuova generazione che attualmente sono costrette a circumnavigare l’Africa attraverso il Capo di Buona Speranza. Ma in Italia ancora non abbiamo trovato il modo di far viaggiare i cargo speditamente da sud a nord: solo il 16 delle merci viaggia su ferro.
Di recente sulle pagine di Repubblica Napoli, a proposito di infrastrutture ed effetto Nimby, lei ha utilizzato in un commento la metafora della pietra e dell’arco, di cui parla Italo Calvino, nelle “Città invisibili”. Perché?
Perché mi sembra eccellente per esprimere come si debba intendere in maniera sana il rapporto tra territorio e infrastrutture, avendo fermo l’obiettivo di evitare di cadere nella trappola, appunto, dell’effetto Nimby, le proteste all’insegna del “Mai nel mio giardino”. Alla domanda su quale sia la pietra che tiene in piedi l’arco, la risposta è che un ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra, ma dalla linea dell’arco che esse formano. Al punto che si può dire, con Calvino, che “senza pietre non c’è arco”. Ecco, allo steso modo si può dire senza nodi non si fa rete, senza infrastrutture di connessione non si genera sviluppo.
Quindi chi guarda alla pietra…
Focalizza un punto, non l’insieme. Un tassello e non il puzzle completo. E il discorso riguarda i tradizionali asset fisici, costituiti dai trasporti, dalle reti energetiche e di comunicazione e non di meno le strutture immateriali o transmateriali, quali i servizi digitali e ICT.