Dalle verifiche effettuate dall’Autorità anticorruzione emerge come le imprese che sono riuscite ad aggiudicarsi l’appalto Consip da 2,7 miliardi avrebbero goduto di numerosi favoritismi, come riscontrato anche dalla Procura di Roma, al lavoro sul possibile illecito nell’accordo stipulato da tre aziende (consorzio Cns, Manutencoop, Kuadra), ipotizzando quindi il reato di turbativa d’asta, che potrebbe allargarsi anche ad altre aziende. Le dichiarazioni rilasciate da testimoni e indagati interrogati nelle ultime settimane nell’inchiesta che ha portato all’arresto di Alfredo Romeo lasciano ipotizzare l’esistenza di pressioni esercitate a livello politico proprio per favorire la spartizione dei lavori tra alcune ditte.
Sul tavolo della Procura di Roma, oltre ai riscontri dell’Autorità Anticorruzione di Cantone, anche i rilievi dell’Antitrust, che lo scorso marzo concluse la propria relazione su Consip registrando “anomalie che appaiono difficilmente spiegabili al di fuori di un contesto collusivo”, parole che raccontano plasticamente come funzionano i maxi appalti della pubblica amministrazione in Italia: un cartello tra pochi giganti, in rapporti spesso incestuosi con la politica, riesce a tagliare fuori dal mercato le piccole e medie imprese.