I boss di Locri hanno mal digerito le parole di speranza e di lotta contro lo strapotere criminale, rilanciate nel corso della manifestazione contro le mafie, organizzata da Libera. La reazione dei clan si è scatenata con scritte offensive nei confronti di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, e del sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, indicati come «sbirri», termine che da queste parti significa essere tenaci oppositori della criminalità organizzata. «Don Ciotti sbirro e il sindaco ancor più sbirro». E poi: «Più lavoro meno sbirri». Queste le frasi scritte con lo spray apparse ieri mattina sui muri dell’Arcivescovado, residenza del vescovo Francesco Oliva in cui in questi giorni risiede don Ciotti, sulla facciata di una scuola media e sul muro di un edificio che ospita gli uffici comunali. Unanime la reazione politica e istituzionale. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che domenica era stato a Locri per inaugurare la tre giorni di Libera, nella ricorrenza della XXIII Giornata della memoria e dell’impegno, ha telefonato a don Ciotti per esprimergli la sua piena solidarietà. Il capo dello Stato ha fatto sentire la sua voce anche al vescovo Oliva. «Le scritte rientrano nella strategia della ndrangheta che dice “meno sbirri e più lavoro”, ma è quella che fa fuggire le imprese che il lavoro lo danno», ha sostenuto Federico Cafiero de Raho, procuratore distrettuale di Reggio Calabria. Gli autori delle scritte potrebbero comunque avere un volto e un nome. Alcune telecamere di sicurezza, installate nei pressi dei muri imbrattati, avrebbero filmato un gruppo di giovani e un’autovettura. Il sindaco di Locri ha reagito alla provocazione coprendo la parete dell’edificio comunale, dove campeggiava una delle scritte, con un cartellone su cui è stato scritto: «Orgogliosamente sbirri per il cambiamento».
«Gente dell’anti-stato, che fa il tifo per la ‘ndrangheta, ma non la ‘ndrangheta doc, quella che da sempre s’inabissa per arricchirsi». Lo dice a Repubblica Nicola Gratteri, il procuratore di Catanzaro che ha speso una vita contro le ‘ndrine. Le scritte di Locri. Che ha pensato appena le ha viste? «Ho ascoltato con attenzione chi ha parlato domenica, sono state dette cose importanti, forti, condivisibili, e che, cambiando aggettivi e sostantivi, si ripetono da decenni. Hanno dimostrato grande sensibilità il presidente Mattarella, il vescovo Oliva, don Ciotti, i parenti delle vittime della mafia. Però quelle scritte non sono state fatte su ordine della ‘ndrangheta doc, quella che conosco io da 30 anni, le famiglie più importanti e più impegnate nel traffico di cocaina e nel riciclaggio. Non mi pare che queste siano così sciocche da mandare qualcuno a scrivere sui muri, la ‘ndrangheta doc si è sempre inabissata, ha cercato di intrufolarsi nel sistema legale con i suoi uomini, inserendoli nel circuito dell’antimafia, come fa Cosa nostra fa da decenni». Esclude la sfida allo Stato? «Sarebbe stato un autogol, la ‘ndrangheta non reagisce mai quando ci sono i riflettori accesi, e ieri c’erano 50 telecamere, gli inviati di importanti giornali nazionali. No, gli ‘ndranghetisti non sono degli stolti». Chi c’è dietro allora? «Si tratta di gente che odia le istituzioni, che ha sposato la legge criminale della ‘ndrangheta, degli ignoranti stupidi, ubriachi del suo modo di pensare e agire criminale».