L’Unione europea nasce dall’esigenza di superamento del modello di stato/nazione, per meglio affrontare le complessità della modernizzazione e per meglio risolvere insieme, i problemi della mondializzazione e della globalizzazione.
L’idea dell’Europa Unita, viene da parecchio lontano; già nel secolo scorso, ad opera di pensatori italiani (Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini) con la “Giovane Europa”, era viva l’aspirazione che si andasse oltre i limiti dello Stato/Nazione.
Lo scenario europeo comincia concretamente a cambiare solo dopo la fine della prima guerra mondiale, quando inizia il declino politico dell’Europa, accompagnato dall’apparizione, sulla scena internazionale, degli Stati Uniti dell’America che, per la prima volta interviene militarmente sul vecchio continente europeo.
L’Europa perde così il primato del “protagonismo sulla scena internazionale”. Intanto, anche per effetto dei nuovi sistemi di comunicazione, cambia la scena politica mondiale; la dimensione dello Stato/Nazione non è più adeguata ad affrontare le sfide, basate sul confronto delle grandi organizzazioni internazionali, fondate su enormi estensioni territoriali e su principi federalisti come gli USA e successivamente, in Europa, come l’Urss.
Il Trattato di Versailles (28 giugno 1919), segna la fine del grande impero tedesco, austroungarico ed ottomano; il Presidente americano Wilson propone la Società delle Nazioni, una organizzazione internazionale, con sede a Ginevra, con il compito, di garantire l’ordine, scaturito dalla prima guerra mondiale e di regolare i conflitti tra gli Stati, evitando così l’insorgere di altre rovinose guerre fratricide.
In Italia l’economista italiano Luigi Einaudi, sul Corriere della Sera, scriveva a favore dell’integrazione europea, dettata non tanto dalla semplice necessità dell’unione, quanto, piuttosto, dall’alternativa tra l’esistere o lo scomparire.
Altri appelli per la Costituzione degli “Stati Uniti d’Europa”, sul modello della Costituzione Americana del 1776, vengono all’insieme europeo, dall’austriaco Kalergi e dal francese Briand che propone ai governi europei, la creazione di un’Unione europea nel quadro della Società delle Nazioni.
Il successivo affermarsi del fascismo in Italia e del nazismo in Germania, divide ancora e purtroppo l’Europa in democrazie liberali e regimi dittatoriali.
Gli anni 30 trascorrono in una condizione di assoluto black-out, per i lunghi sogni e le attese di unione e d’integrazione dei popoli d’Europa.
In pieno scontro mondiale, a Ventotene, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, pongono nuovamente il problema di realizzare un Progetto federale europeo, mirante a costruire l’Europa Unita; il progetto Spinelli viene ripreso nel 1943 dal movimento federalista europeo, per molti anni guidato dallo stesso Altiero Spinelli.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1947, gli esponenti del movimento federalista si incontrano a Montreux. Nel successivo incontro all’Aja (7 maggio 1948), si auspica un’azione unitaria di tutti i Paesi europei, al fine di evitare nuovi conflitti, di contrastare l’insorgere di nuovi dispotismi e di tutelare i diritti umani.
Nel 1949, dieci Stati europei (Regno Unito, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia, Irlanda, Danimarca, Norvegia e Svezia) sottoscrivono a Londra il Trattato da cui nasce il Consiglio d’Europa, istituito a Londra il 5 maggio 1949; si tratta di un’organizzazione internazionale basata sulla cooperazione politica a livello di consenso paritario e sull’unanimità delle decisioni.
Obiettivo del Consiglio d’Europa era quello di creare uno stretto legame tra i vari stati europei e di promuoverne lo sviluppo economico e sociale.
Parallelamente, viene costituita un’organizzazione europea di cooperazione economica, con sede a Parigi, nata con il compito di gestire gli aiuti americani del Piano Marshall; detta organizzazione successivamente, diventa la ben conosciuta OCSE.
Il 9 maggio 1950, il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman, in una dichiarazione, considerata la Carta costituente del processo comunitario, propone la creazione di un mercato comune carbosiderurgico fra Francia e Germania. È una proposta che si muove sul principio della sovrana nazionalità e dell’integrazione.
La proposta viene accettata da Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo; il 18 aprile 1951 a Parigi firmano il Trattato, istitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Nel Trattato è detto tra l’altro che, le rivalità secolari vanno sostituite con una fusione dei loro interessi essenziali.
Successivamente, viene istituita, il 25 maggio 1952, una Comunità Europea della Difesa (CED); il Trattato di difesa non viene sottoscritto dalla Francia, restia a rinunciare al proprio esercito nazionale, causando così una battuta d’arresto di tutti i progetti di unificazione politica dell’Europa.
Nonostante le molteplici incomprensioni, la strada dell’Unità europea, pur essendo in salita e non priva di difficoltà iniziali è, comunque, definitivamente segnata.
Con la Conferenza di Messina del 1955, sei governi europei definivano come loro obiettivo unitario, la nascita di un mercato comune. La Conferenza dei ministri degli esteri, il 29 maggio 1956, a Venezia, approva l’unione economica tra i sei Paesi membri e la Comunità europea dell’energia atomica.
Il 25 maggio 1957, a Roma vengono firmati i trattati istitutivi della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA).
Un nuovo tentativo di unificazione politica viene rilanciato negli anni 60; con il vertice di Bon, viene costituita la Commissione Fonchet finalizzata alla istituzionalizzazione della cooperazione politica. Alla fine del 1965, il Generale De Gaulle, Presidente della Repubblica francese, contesta il potere di iniziativa della Commissione, soprattutto, quando fossero in discussione gli interessi espliciti di uno stato membro. Ancora una volta, si torna alla sovranità dei singoli stati, come anima fondante e viva dei diversi Paesi europei.
Nel 1966, con l’”Accordo di Lussemburgo”, da parte dei ministri degli esteri dei sei Paesi degli Stati membri, viene ancora una volta ribadita la salvaguardia degli interessi nazionali a scapito di quelli comunitari.
È questa, un’immagine triste e per molti aspetti amaramente veritiera; un’immagine purtroppo accreditata dai più, che ci viene ribaltata addosso, come un enorme macigno da parte “dell’altra Europa”; di un’Europa dei pochi che tarda e sempre più, a venire.
È un’immagine che si pensava ormai sconfitta e che è invece più viva che mai; nella sua verità rappresenta il fallimento della politica, sia nazionale che meridionale e più in generale della nascente Europa unita.
La necessità italiana di organizzare il Sud, il segno della tragedia nazionale, sempre più lontano dal resto del Paese, è una necessità per tutti, con risposte possibili che, solo l’Europa poteva concretamente dare. C’era un forte convincimento italiano che non poteva esistere nel mondo un’immagine di una “civiltà Italia”, scollegata dal territorio meridionale da sempre, fonte di saperi, di pensiero, di creatività e di impegno dal valore universale. Altrettanto non poteva esistere un’identità d’Europa unita scollegata da queste identità dal valore universale del pensiero e dei tanti saperi custoditi.
Se il Sud e tanta parte d’Europa si presentavano all’appuntamento con il nuovo del mondo, ancora oppressi da mali incancreniti, non era solo un problema di leggi; era ed ancora è, un grave problema soprattutto di uomini che non hanno mai voluto né saputo manifestare la volontà ed un impegno comune per cambiare.
Dal familismo amorale del vecchio mondo contadino del Sud, in un’Europa caratterialmente disunita, si è passati ad egoismi soprattutto urbani degli ultimi tempi che hanno imbarbarito la civile democratica convivenza sia della gente meridionale, a cui è sempre più mancata una burocrazia illuminata e non egoisticamente impegnata a difendere i privilegi corporativi di una classe politica, italiana ed europea capace di essere protagonista del mondo meridionale ed europeo e di interpretare una politica di qualità per la gente, vicina ai processi di sviluppo e lontana dal mondo italiano di una diffusa illegalità, a cui troppo spesso soprattutto l’Italia del Sud si è legata, accettandone i consensi che poi sono diventati causa di accrescimento illimitato di un disumano e dannato potere malavitoso.
Ancora oggi in un’Europa malamente unita, il Sud italiano non fa notizia se non quando diventa bollettino di guerra dei morti ammazzati per mano dei sicari della camorra.
Le aree dei tanti mali italiani ed europei, sono sempre meno al centro dell’attenzione politica ed ancor più sono scomparsi dalla stampa nazionale e/o straniera con caratteristiche sempre meno evidenti di una comunicazione autentica.
In Italia a riportare all’attenzione, in tutta la loro drammaticità, i mali del Sud, fu provocatoriamente Indro Montanelli.
L’occasione, al vecchio decano del giornalismo italiano, venne da un lettore che lo interrogava in una lettera, pubblicata nella “Stanza”, sul “Corriere della Sera”.
L’interrogante chiedeva a Montanelli se corrispondeva al vero che De Gasperi avesse destinato i fondi del Piano Marshall solo alle industrie del Nord, trascurando il Mezzogiorno e provocando di conseguenza, gli squilibri economici tra le due Italie (squilibri, purtroppo, mai superati, a partire dall’Unità d’Italia).
La risposta di Montanelli fortemente aggressiva addebita al solo “Sud piagnone”, la causa dei suoi tanti mali storici.
Montanelli alza, tra l’altro, il tiro in modo inverosimile e manifesta tutto il suo stupore per il fatto che i giovani del Sud non siano più disponibili ad emigrare e che pretendano di avere il lavoro a domicilio, rifiutandosi di andare a lavorare nelle fabbriche del Nord,o nei Paesi d’Europa, dove la domanda di lavoro era crescente.
Al Sud dice Montanelli è impossibile la vita di impresa, in quanto la malavita impone di pagare il “pizzo”.
In questo triste spaccato di arretratezza italiana, in un’Europa mai nata, sostiene, ancora Montanelli che, le cause della stagnazione del Sud e della sua gente sono essenzialmente dovute alla gente del Sud ed alla gente d’Europa, purtroppo, senz’anima e senza protagonismo di futuro. Se, come singoli, a molti meridionali si deve grande rispetto, altrettanto non può dirsi, per la società meridionale e d’insieme europeo che Montanelli definisce europei indifferenti, un vero e proprio “disastro”.
L’intervento di Montanelli, nella sua crudezza, porta alla ribalta il problema del Sud d’Italia, del suo malessere e della disoccupazione che affliggeva tutta intera la società meridionale all’interno del problema di un’Europa di fatto mai nata.
Da parte di Montanelli, si trattava di un intervento provocatorio che avvierà, cammin facendo, così come meritava, un intelligente ed attivo dibattito; tanto, partendo dalla società civile, dentro e fuori la società meridionale. Un dibattito politico e di pensiero, serio per affrontare in modo urgentemente concreto, un tema non solo di attualità, ma vitale per l’Italia e l’Europa unita.
Il Sud d’Italia, soprattutto per effetto della sua crescente disoccupazione, è stato ed è una pericolosa polveriera; una polveriera che poteva e può esplodere da un momento all’altro. A farsi male, non è solo la società meridionale, ma l’intera comunità nazionale e con questa l’Europa che, come insieme dei suoi popoli, deve sapersi fare concretamente carico dei problemi della sua gente.
Non è più possibile pretendere dal Sud e dal resto dell’osso d’Europa, altri sacrifici da altre generazioni. Basta il contributo di sudore e di sangue dato dall’emigrazione meridionale nel mondo (oltre 25 milioni) dall’Unità d’Italia ad oggi! Basta con lo sfruttamento dei poveri e del tradimento alla loro dignità di uomini!
Non è possibile che fuggano ancora altri cervelli dal Sud per ricercare altrove le occasioni per dimostrare di “valere” a livello individuale. Di fronte a tutto questo c’è un’Italia silente ed un’Europa assolutamente indifferente al dramma della sua gente che, in tante sue parti, sta morendo di un’Europa sempre più disunita.
Purtroppo in Italia ed in Europa proprio non funziona la società d’insieme. Prendendo ad esempio l’Italia ed il Sud in particolare ci si rende conto che, se singoli meridionali dimostrano di essere dotati di grandi capacità, la società nel suo insieme, è invece un vero disastro. Siamo purtroppo, al problema di sempre, ossia alla mancanza di presenza delle istituzioni; al problema di mancanza di una classe politica e di una dirigenza che non sa essere illuminata e governare con intelligenza i trends di sviluppo socio/economico e di crescita della società civile, al Sud d’Italia, come al resto d’Italia ed all’Europa concretamente unita
Il Sud, per fortuna, almeno in questo, non è più il Sud piagnone, fatto di cattedrali che hanno prodotto solo guasti ambientali e scarse opportunità di sviluppo.
Oltre alle scommesse perdute, oltre alla mancanza di una classe politica e di una classe dirigente capace, il Sud d’Italia, l’Italia e l’Europa dei popoli più ingenerale del Terzo Millennio, hanno un loro insieme fatto anche di novità.
Sono le idee della gente, non più piagnona o sottomessa alla cultura delle clientele politiche.
Il Sud, i Paesi emergenti d’Europa, anche se non hanno recuperato una forte capacità autopropulsiva di generare sviluppo, sono comunque, su tutti i loro territori, interessati da migliaia di iniziative che producono ed attendono di essere seriamene e saggiamente sostenute e guidate.
Una prima necessità è di sgomberare il territorio dai poteri criminali che impongono il “pizzo” e di garantire la sicurezza di tutti negli ambienti di lavoro. Tanto, come valore etico per l’intera Europa che deve saper saggiamente garantire i suoi popoli umanamente e civilmente.
Va sottolineato che la diffusa criminalità meridionale, non è di un Paese democratico. Lo Stato deve fare il suo dovere e liberare il mondo della produzione, dall’oppressione malavitosa.
Tanto, in concreto per un’Europa nuova. Si tratta di una conquista di civiltà che è dovuta ai popoli d’Europa; una conquista di civiltà che apporterebbe grandi vantaggi a tutto l’insieme europeo che, intanto si nega al futuro per poca saggezza umana, facendo un grave male a tutta la gente d’Europa.
Un Mezzogiorno italiano sviluppato sul piano delle industrie compatibili, con grandi possibilità sul piano turistico, sarebbe un’occasione di grande ricchezza per tutto il Paese, che vedrebbe così crescere le sue potenzialità verso l’Europa e verso il Mediterraneo più in generale, culla del nostro passato e fonte di certezze anche per il nostro futuro.
La storia del Terzo Millennio, con il suo fare da mondo nuovo, vuole forti cambiamenti ed un protagonismo di tutte le società della Terra; ma, vuole soprattutto, una nuova centralità dell’uomo, verso cui devono tendere tutti gli sforzi, per fare della globalizzazione, la grande rivoluzione planetaria finalizzata ad una più equa distribuzione dei saperi e delle risorse, come patrimonio di tutti e non dei soli pochi privilegiati, che impongono e con la forza spesso brutale la sudditanza a razze e popoli della Terra, costretti a non avere, né cultura, né sostentamento, né quella saggia solidarietà da parte del proprio simile che dovrebbe chiamarsi per tutti, “uomo” ed in quanto uomo, essere prima di tutto, solidale verso tutti i propri simili.
Questo è il mondo nuovo che vogliamo! Tanto, a partire dal maltrattato Sud italiano; tanto a partire dall’Italia intera e da quell’Europa dei popoli d’Europa che deve finalmente e con saggezza, capire l’importanza dello stare insieme in un mondo globale che richiede a tutti un nuovo impegno umano, gestendo al meglio e nell’interesse di tutti, il crescente multiculturalismo e l’altrettanto crescente meticciato umano dei popoli in cammino, maledettamente traditi dall’uomo che, in ogni angolo della Terra, si rifiutano di morire di fame e/o di violenze subite dall’uomo caino e chiedono al mondo un’umanità nuova con alla base l’Io/Noi ed un fare solidale ed umano da parte dell’Uomo della Terra che deve costruire al più presto un “welfare universale”, per un mondo nuovo da Terra-Stato, in una Società-Modo, al saggio fine di evitare che la violenza egoistica dei poteri forti del mondo provochi un’inevitabile catastrofe umanitaria da fine del mondo.
Sveglia Sud! Sveglia Italia! Sveglia Europa! Svegliati Uomo della Terra! Svegliati mondo!
Svegliamoci tutti insieme per costruire, con saggezza, un mondo nuovo! Un mondo umanamente nuovo per il futuro del mondo che va responsabilmente consegnato alla vita delle nuove generazioni nella sua dimensioni di mondo nuovo; sono certo lo sapranno saggiamente vivere da protagonisti di umanità condivisa negli scenari naturalmente belli ed umanamente saggi di una Terra-Stato, per tutti gli uomini della Terra, nel rispetto della loro dignità di uomini.
Italia metti a disposizione con la tua Europa dei popoli, tutte le sagge risorse ed i tuoi saperi; per un cammino nuovo degli uomini della Terra crea la Pace e cancella la Fame, per una società da mondo nuovo; per una società dal welfare universale, per un Nuovo Umanesimo, una grande, saggia forza di umanità condivisa, la sola che può salvare il MONDO.
Giuseppe Lembo