La buona notizia è che torniamo a consumare, con un pizzico di ottimismo in più ma anche senza tornare ai fasti degli anni pre-crisi, quando tutti decantavano le sorti progressive dell’economia e nessuno poteva prevedere una recessione così lunga e così duratura. I dati diffusi ieri dall’Istat segnalano, finalmente, un segno positivo dopo anni di magra: ogni famiglia ha speso, in media, 2254 euro, l’1% in più rispetto al 2015. Ma forse, il dato ancora più incoraggiante, è un altro. Il Pil pro capite, vale a dire la ricchezza prodotta ogni anno dai singoli cittadini, da qualche anno a questa parte aumenta un po’ più rispetto a quello di Francia e Germania. Un dato che sembra in contraddizione con le classifiche sulla crescita che riservano all’Italia solo gli ultimi posti. Ma, in realtà, il trend è l’esatto contrappunto del calo demografico che registra il nostro Paese e che, a parità di popolazione, ci fa crescere un po’ di più degli altri. E, di fatto, ci rende più ricchi.
Dobbiamo essere contenti? L’istantanea che ci consegna l’Istat, per la verità, presenta qualche spruzzata di rosa ma anche molte zone d’ombra. Tanto per cominciare, non siamo ancora riusciti a superare del tutto la grande crisi: rispetto al 2011, quando l’Italia era sull’orlo del default, spendiamo in media ancora 100 euro in meno. Con questo passo raggiungeremo i livelli pre-crisi solo dopo il 2020.
C’è di più. La grande recessione ha avuto un effetto notevole anche sulle abitudini e gli stili di vita. E non sempre in peggio. Abbiamo ad esempio, riscoperto la dieta Mediterranea, riducendo i consumi di carne e portando sulle nostre tavole più frutta, verdura e pesce. Non vanno invece troppo bene le cose sul fronte della salute. Gli italiani hanno speso, in media, solo lo 0,8% in più per curarsi. Un incremento tutto sommato modesto se si considera anche il contributo sempre più consistente che il sistema sanitario pubblico chiede al privato. Sono invece tornati a crescere gli acquisti nel settore dell’abbigliamento, uno di quei prodotti che aveva segnato una brusca battuta di arresto: basta dare un’occhiata all’andamento dei saldi, con le immancabili grida di allarme dei commercianti. Mentre, per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, continuano a colpire due dati: la netta differenza fra Nord e Sud e l’aumento delle distanze fra famiglie ricche e povere. Un dato per tutti: un dirigente ha una capacità di spesa, in media, cinque volte superiore rispetto a quella di un operaio. Sono gli effetti di una recessione contro la quale non sono state messe in campo ricette adeguate. Ora, per fortuna, il peggio è passato. Sarebbe però poco prudente cantare vittoria e dichiararsi, definitivamente, fuori pericolo.
Alessandro Corti