Legge elettorale, le due offerte Pd “Una a Forza Italia, l’altra a M5S”-
Una legge proporzionale, che piace tanto a Forza Italia. Oppure un maggioritario con ballottaggio, per convincere i cinquestelle a varare un testo condiviso in tempi rapidi: ecco i due forni del Pd, la mossa a sorpresa che va incontro all’input di Matteo Renzi. «Facciamo vedere a tutti che vogliamo fare presto la riforma – intima il segretario dem ai suoi – Il primo che dice sì, che sia Grillo o Berlusconi, siglerà l’accordo con noi per il bene dell’Italia». Questo spiegherà oggi Ettore Rosato al presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Andrea Mazziotti, consegnando la (le) proposte del Partito democratico. Poi giovedì è attesa la sintesi, contenuta nel testo base a cui lavorerà proprio Mazziotti dopo aver consultato maggioranza e opposizione. La verità è che Renzi punta soprattutto a far uscire dal letargo tattico Forza Italia e i grillini. «Il tempo della melina è finito». Dovrà fare i conti con la “voglia di 2018” del Cavaliere, ma anche con le frenate del Movimento. Sergio Mattarella, da due giorni impegnato in una visita di Stato in Argentina, si tiene aggiornato su ogni novità, ma tenendo fermi due caposaldi. Il primo: non interferire nella discussione in atto sul modello elettorale. Due giorni fa chiamato in causa esplicitamente da Matteo Renzi, il Capo dello Stato ha preferito soprassedere, valutando l’esternazione del leader del Pd come una fisiologica messa a punto. E d’altra parte se i partiti ieri hanno mostrato di voler dialogare, Mattarella sa che questo si deve al suo eloquente silenzio sulle ultime esternazioni renziane. Ma il secondo e più importante caposaldo dal quale Mattarella non intende recedere neppure in queste ore, equivale ad un imperativo categorico: per andare ad elezioni – anticipate o a scadenza naturale – il Parlamento deve approvare una nuova legge. Perché l’attuale normativa, “ricavata” dalle sentenze della Corte Costituzionale contiene imperfezioni tali da esporla a nuovi ricorsi. Dagli esiti imprevedibili. La raccomandazione del Presidente è chiara: senza riforma non si vota.
Intanto il ministro della Cultura Franceschini, intervistato dal Corriere della Sera si rivolge direttamente a Berlusocni. Ora tocca a lui « attribuirsi una funzione storica che da tempo gli chiede il Ppe, di cui fa parte. Lui ha l’occasione di allineare il nostro Paese al resto dell’Europa, dove Fillon non ha appoggiato la Le Pen al ballottaggio, dove la Merkel non si sogna di governare con Afd, dove la May non vuole avere nulla a che fare con Farage. L’Italia non può essere l’unico Paese in cui una forza moderata di centrodestra sta insieme a populisti ed estremisti».