Politica interna
Lo Stato e la mafia dopo Riina. Dal 1993 la Cupola non si è più riunita. Ora cerca un erede. Oggi si sta aprendo una nuova epoca mafiosa. Cosa nostra è pronta alle sue elezioni più importanti dalle 3.37 di ieri 17 novembre 2017, un venerdì per niente nero per la mafia siciliana che finalmente si è liberata di quel “pazzo” di Totò Riina che con la guerra allo Stato l’ha portata verso la rovina. Il nuovo capo dei capi sarà il capo di tutti. La Cupola dovrà rappresentare tutte le province e tutte le fazioni, falchi e colombe, detenuti e scarcerati, ricchi e poveri, giovani e vecchi. «La morte di Riina non è la morte della mafia, che è cambiata, ferita, ma c’è…». Nel suo ufficio al Viminale, Marco Minniti scorre le agenzie, mentre alla tv scorrono le immagini del “Capo dei capi”, e poi quelle sbiadite di Provenzano e Messina Denaro, di Andreotti e Ciancimino, di Falcone e Borsellino. Trent’anni di storia italiana, lo Stato e l’anti-Stato. Purtroppo non sempre in conflitto tra loro. «Ma oggi – aggiunge il ministro degli Interni – abbiamo capito che sconfiggere la mafia non è più solo un principio, ma è diventato un obiettivo». Per questo Minniti lancia un appello: «Le mafie votano e fanno votare. Per la politica è dunque venuta l’ora di firmare un “patto di civiltà” in nome della democrazia: tutti i partiti sottoscrivano un impegno solenne, un rifiuto esplicito di ricercare e ricevere il voto delle mafie».
Election day. Niente rinvii, alle urne il 4 marzo. Election day domenica 4 marzo. Con scioglimento delle Camere tra fine dicembre e inizio gennaio. È questa la deadline di fine legislatura che corre sul filo Palazzo Chigi-Quirinale. Quel che è certo è che Sergio Mattarella non vuole andare oltre il 4 marzo, o al massimo l’11 marzo. Perché al Quirinale vogliono tutto il tempo necessario a gestire il dopo elezioni dato che la formazione di un governo, vista la legge elettorale sostanzialmente proporzionale, potrebbe essere difficoltosa. E non andare oltre la prima decade di marzo – spiegano fonti parlamentari – darebbe al Capo dello Stato l’opportunità di tornare nuovamente alle urne entro giugno, senza scavallare l’estate arrivando pericolosamente vicino alla sessione di bilancio, nel caso non auspicabile ma purtroppo non del tutto improbabile in cui non si trovassero i numeri in Parlamento per far partire un governo. Perché non è detto che l’ipotesi della grande coalizione tra Pd e Fi – ipotesi di cui si ragiona da tempo in amb lenti parlamentari, al di là degli slogan da campagna elettorale – abbia i numeri per realizzarsi in Parlamento. Ma Matteo Renzi ha urgenza di tornare alle urne, anzi fosse dipeso da lui avremmo votato già la scorsa primavera. Silvio Berlusconi, invece, non ha per niente fretta: vorrebbe prima tornare candidabile e spera che la sentenza di Strasburgo arrivi in tempo per le prossime elezioni. Ogni leader ha segnato sul calendario la propria data ideale, in base ai rispettivi calcoli di convenienza. Ma la decisione non spetta ai partiti. Il potere di sciogliere le Camere e mandare tutti a casa appartiene quindi solo al Capo dello Stato. L’orientamento di Sergio Mattarella, secondo quanto filtra dal Colle, è di ridare la parola al popolo non appena il «Rosatellum» sarà operativo.
Politica estera
La mente dell’attentato a Barcellona era un informatore degli 007 spagnoli. La storia dell’imam che guidò la cellula jihadista negli attacchi della Rambla di Barcellona e di Cambrils si infittisce di nuovi misteri. Ieri i servizi segreti spagnoli, il Cni che sta per “Centro Nacional de Inteligencia”, hanno ammesso – tre mesi dopo gli attentati – di aver avuto “contatti” con Abdelbaki Es Satty. Secondo il quotidiano online Okdiario.com, le indagini in corso sull’attentato sulla Rambla del 17 agosto scorso, hanno portato a un’altra inchiesta sui rapporti tra il mandante, l’imam Abdelbaki Es Satty, e il Cni (Centro Nacional de Inteligencia), coperta però dal segreto istruttorio, come ha confermato il portavoce del governo, Iñigo Méndez de Vigo. Ma circolano già parziali ammissioni su quei contatti. Insomma, che lo conoscevano e forse anche qualche cosa in più. Notizia che ha subito provocato le proteste polemiche dell’ex presidente catalano Caries Puigdemont. «È un fatto estremamente grave – ha detto Puigdemont – che conferma i nostri dubbi ma che non comporterà nello Stato spagnolo dimissioni, denunce o detenzioni». Naturalmente il sospetto dei catalani, che a suo tempo protestarono per la scarsissima collaborazione dell’intelligence di Madrid con la polizia autonoma di Barcellona, i Mossos d’Esquadra, è che del “cervello” del gruppo jihadista il Cni sapesse molto di più di quel che ora ammette di sapere e che non furono solo “contatti”. Nel riconoscere la relazione con l’imam della strage del 17 agosto, i servizi non chiariscono fino a quando mantennero questi “contatti”, né con quale periodicità. Ma ci tengono a dire con molta forza che non era “un informatore” mentre non chiariscono se sia stato o meno remunerato.
Macron grande mediatore tra Libano e Arabia Saudita. II presidente francese Macron ha fatto sapere che riceverà oggi Saad Hariri come primo ministro del Libano». Il leader libanese tornerà poi in patria «nel giro di qualche giorno o settimana». La mediazione francese ha sbloccato la crisi politica e a Beirut ora la convinzione è che Hariri ritirerà le dimissioni, «estorte» dall’Arabia Saudita. Ma l’offensiva di Riad contro Hezbollah e di riflesso contro tutto il Paese dei Cedri non è finita. Le pressioni sono adesso di tipo economico. Negli ambienti vicini alla presidenza si teme che i sauditi riescano a convincere gli Stati Uniti a procedere con un nuovo giro di vite nei confronti del sistema bancario, accusato di «riciclare i proventi illeciti» del Partito di Dio. L’offensiva ha poi messo in difficoltà il governo libanese su un altro fronte, quello dello sviluppo dei giacimenti di gas offshore. Il ministro degli Esteri Jabran Bassi!, leader del movimento cristiano «Fronte patriottico» e genero del presidente Michel Aoun, ha denunciato ieri, durante il suo incontro a Mosca con il collega Sergei Lavrov, il blocco del «primo contratto per lo sviluppo di giacimenti, con la partecipazione di compagnie russe», sul punto di essere firmato. L’Arabia Saudita e gli Emirati sono anche un partner fondamentale nel triangolo finanziario per la vendita di aerei Rafale, fregate e missili all’Egitto: non a caso Macron, sorvolando sulla questione dei diritti umani, ha cordialmente ricevuto all’Eliseo il presidente-generale Al Sisi. La partnership con la Francia è anche politica oltre che militare per il ruolo dell’Egitto in Libia a sostegno del generale Khalifa Haftar, dove Parigi manovra tra Tobruk e Tripoli. La politica francese nel Golfo, come quella americana ed europea, scorre sul ricco ma scivoloso binario dei petrodollari e delle forniture di armamenti.
Economia e Finanza
Draghi: Qe prolungato per evitare rialzi dei tassi. Da Weidmann linea dura su Npl e unione bancaria. L’Eurozona ha ancora bisogno di stimoli monetari. II presidente Bce Draghi al congresso bancario europeo di Francoforte ha convinto i banchieri tedeschi: «Abbiamo fiducia che la ripresa sia robusta» ma la ripresa dell’inflazione non «è ancora autosufficiente senza la nostra politica accomodante» .La politica monetaria estremamente espansiva della Banca centrale europea ha lavorato bene per l’Italia, oltre che per l’eurozona. Non solo per la riduzione degli interessi che il governo di Roma paga sul debito pubblico: anche per le imprese italiane che hanno visto il loro debito ridursi del 30% rispetto al 2012, tornato sui livelli di metà 2007, cioè a prima della crisi. Lo ha ricordato ieri Mario Draghi durante una conferenza: e ha fatto capire che i tassi d’interesse resteranno ai livelli attuali – a zero – per lungo tempo (fino alla scadenza del suo mandato, si può immaginare, nell’ottobre 2019). Il presidente della Banca centrale europea ha notato che la ripresa è solida e nell’area euro va avanti consecutivamente da 18 trimestri. Con due caratteristiche positive: avviene in un ambito di riduzione dell’indebitamento, grazie alle politiche della Bce – ha detto – ed è sempre più endogena, meno trainata da forze esterne ma dai consumi e dal circuito virtuoso che questi innescano, sostenuta da un calo della disoccupazione ai minimi dal 2009. «Prima le banche dell’Eurozona riducano sia la quota di crediti deteriorati (Npl) sia quella di titoli di Stato. Abbiamo bisogno di regole che assicurino la prudente gestione degli Npl in futuro. La proposta della Bce mi pare un passo avanti sensato», ha detto il presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, a una conferenza di banchieri a Francoforte. Gli Npl, a suo parere, pesano sulle condizioni del credito e in un’ultima analisi sulle prospettive di crescita dei Paesi. «Le banche devono smaltire gli Npl esistenti», ha affermato Weidmann, secondo cui l’eliminazione dello stock di crediti deteriorati è anche una condizione per la creazione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi (Edis).
Titolo: Pensioni, il governo tiene duro sulla soluzione «low cost». Il governo si presenterà oggi al tavolo con i sindacati offrendo l’esenzione, per 15 categorie professionali, dall’incremento di 5 mesi dell’età di vecchiaia, che quindi resterebbe a 66 anni e 7 mesi nel 2019. Ma potrebbe farsi strada anche l’emendamento Pd per la proroga al 2019 dell’Ape sociale, l’indennità che permette a 11 categorie, ma anche a disoccupati e disabili, di lasciare il lavoro con 63 anni. Ultimo appello a cui parteciperanno i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, i ministri Giuliano Poletti e Pier Carlo Padoan, e il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. I tecnici dell’esecutivo ieri hanno lavorato fino all’ultimo per perfezionare la proposta in sette punti messa in campo lunedì e che, se accolta, innescherebbe una maggiore spesa a regime (entro dieci anni) di circa 300 milioni. Un limite che per il ministero dell’Economia è considerato invalicabile, anche perchè quella maggiore spesa va a sommarsi al nuovo incremento già previsto in manovra con l’allargamento dell’Ape sociale, nel secondo anno di sperimentazione, ai contrattisti a termine, in aggiunta allo “sconto” di sei mesi per ogni figlio, con un tetto massimo di 24 mesi, per le lavoratrici. La proposta, che come detto potrebbe al più avere qualche ritocco al margine, resta quella nota. E parte dall’esenzione di 15 categorie di lavoratori impegnati in attività gravose dallo scatto di 5 mesi dei requisiti di pensionamento prevista nel 2019.