Politica interna
Caos centrodestra. Salvini attacca Silvio: “Passato ogni limite”. «Adesso Silvio mi ha proprio rotto». Matteo Salvini ha perso la pazienza, racconta in queste ore chi circonda il leader leghista, complice l’ennesima boutade di Berlusconi sul candidato premier (il generale Leonardo Gallitelli) e la storiella sparata per l’ennesima volta del bilancino col quale dividersi i ministeri di un governo che ancora non c’è (12 tecnici, 8 politici). «La misura è colma» a tal punto, per il leghista, da spingerlo a convocare due conferenze stampa in tre giorni a Roma, lunedì e ieri, solo per sparare ad alzo zero contro l’alleato. «Il Cavaliere deve stare attento – avverte Salvini – perché c’è un limite ad ogni cosa: io posso fregarmene di vincere con chi non mantiene i patti e mette banditi nelle liste. Il giorno dopo il voto non voglio fare lo zerbino della Merkel senza essere in grado di mantenere le promesse elettorali». Lo scontro è vero. Il centrodestra rischia di implodere. II leader della Lega ne ha per tutti. Non si fida più di Silvio e di Giorgia. Considera Meloni una traditrice. Sta vivendo malissimo l’esclusione dalla giunta siciliana e l’assegnazione a Fratelli d’Italia di un assessore. Lei spiega che non c’era alcun patto nell’isola: solo un cartello elettorale, poi ognuno per la sua strada. Berlusconi dal canto suo afferma: «A Matteo sono saltati i nervi». Per Silvio Berlusconi e i suoi più stretti collaboratori, quello del leader della Lega è un modo di fare «masochista per il bene della coalizione». Rischia di alimentare dubbi negli elettori su come faranno questi alleati a governare, una volta vinte le elezioni, come contano di fare.
Allarme naziskin al Nord: torna lo spettro squadrista. Blitz a Como contro un centro che aiuta i profughi. II seme dell’intolleranza contagia l’Italia con l’estrema destra che ritrova spazi e ambizioni elettorali. Una quindicina di neofascisti ha fatto irruzione nei locali di un’associazione di volontari che aiuta i profughi gridando: «Stop all’invasione». Il Chiostrino di Santa Eufemia nel 1600 era un convento: adesso è un centro culturale pieno di colori, stoffe, libri, costumi teatrali. L’esatto opposto del nero lugubre dei bomber della squadraccia naziskin delle teste rasate del Veneto Fronte Skinheads. È una delle più antiche formazioni dell’ultradestra italiana (1986). I presenti in sala: “Noi vi abbiamo rispettato, adesso lasciateci continuare”. Sono ormai troppi i segnali per dire che sia una sorpresa: l’estrema destra è tornata. Quel mondo che per anni è stato confinato tra la cronaca nera e il folklore politico, a metà tra le risse di strada e lugubri manifesti, è a una svolta. Innanzitutto al suo interno. Storici leader, quali Roberto Fiore per Forza Nuova, o Maurizio Boccacci per Militia, sembrano ormai marginalizzati. Non sono mai riusciti a scrollarsi di dosso le scorie ideologiche del neofascismo o del fascismo tout-court. Basta vedere la grafica dei manifesti di Forza Nuova, ispirati al Boccasile peggiore, propagandista della Repubblica sociale italiana. Va detto che la banalizzazione del fascismo si fa più pericolosa perché va di pari passo al dilagare dell’odio popolare per le istituzioni democratiche: Parlamento, governo, elezioni sempre più deserte. Eppure le istituzioni, la nostra malandata repubblica, esausta della crisi politica ed economica, sommersa dalla burocrazia, sono nate dal grido di ribellione alla dittatura fascista che avevamo regalato al mondo. E che ha poi prodotto gli anticorpi per sconfiggere il regime di Mussolini, grazie alla resistenza italiana e all’azione degli alleati. Un atto fondativo profondo, che sembra perdere portanza e rimandarci indietro. Pare infatti che l’Italia abbia dimenticato quella ribellione di massa costata sangue.
Politica estera
Slobodan Praljak si avvelena all’Aia dopo la condanna a 20 anni per Genocidio. Il croato-bosniaco Praljak, 72 anni, condannato a 20 anni per crimini di guerra si è suicidato dopo aver ascoltato la sentenza: “Non sono colpevole”. Meglio darsi la morte, come tanti gerarchi nazisti e lo stesso führer. Come Hermann Goering a Norimberga dopo la condanna. Ma in uno scenario dove non si respira l’atmosfera grave di fine epoca e dove l’immagine è sghemba: una Corte di giudici placidi, niente militari in divisa e un pubblico di giacche e cravatte a fare da contraltare all’atto estremo del nonno incattivito, bianco di barba e di capelli, che lancia strali ai giudici e beve il veleno. Voleva un colpo di teatro, un’uscita di scena drammatica, in diretta tv, consapevole che lo (scarso) interesse verso il processo per crimini di guerra nella ex Jugoslavia, all’Aia, si sarebbe istantaneamente trasformato in un fuoco mediatico irresistibile. Slobodan Praljak, con gli occhi iniettati di una furia consapevole – solo lui nell’aula sapeva che cosa stava per accadere – ascoltata la sentenza nel Tribunale penale internazionale, 20 anni di carcere, ha platealmente portato alla bocca una fialetta scura, bevendone d’un fiato il contenuto. «Ho appena ingerito del veleno – ha poi detto ad alta voce ai giudici che lo osservavano esterrefatti – non sono un criminale di guerra. Mi oppongo a questa condanna». Il presidente del tribunale, superata la sorpresa, ha quindi sospeso la seduta e ordinato che si portasse soccorso all’imputato: un’ambulanza lo ha trasportato in ospedale, ma i medici non hanno potuto che constatarne il decesso.
Trump: sanzioni dure contro Kim. Ipotesi blocco navale. Dopo l’ultimo test missilistico, che forse dimostra per la prima volta la capacità della Corea del Nord di colpire gli Usa, Donald Trump chiama il suo omologo cinese Xi Jinping e annuncia un nuovo giro di sanzioni. Ma quelle già in vigore bloccano – almeno sulla carta – il 90% del commercio estero nordcoreano. La Casa Bianca è sempre più a corto di opzioni. Lancia l’ennesimo appello alla Cina, esortandola a «usare tutte le leve a sua disposizione per convincere la Corea del Nord a cessare le provocazioni e tornare sulla strada della denuclearizzazione». Ma la carta cinese è stata invocata senza mai dare risultati. C’è una contraddizione fra l’estrema pericolosità dell’ultimo test e la moderazione con cui ha reagito Trump. Quest’ultimo missile lanciato martedì sera potrebbe colpire il territorio continentale degli Usa e perfino la capitale Washington. Il raggio d’azione potenziale di quel missile balistico intercontinentale è stimato a 13.000 chilometri e sarebbe in grado di raggiungere la East Cost degli Stati Uniti. La minaccia è tale che alle Hawaii hanno rimesso in funzione il sistema di allarme antiatomico usato all’epoca della Guerra Fredda. L’idea che sta prendendo piede alla Casa Bianca è quella di un blocco navale. In ogni caso il segretario di Stato Rex Tillerson dice che «per ora» le opzioni diplomatiche rimangono «aperte».
Economia e Finanza
Manovra, mossa sulle assunzioni: risorse per stabilizzare oltre 3 mila ricercatori e universitari. Una dote di 10 milioni nel 2018 e di 50 milioni dal 2019 per la stabilizzazione di oltre 2mila “cervelli” degli enti di ricerca, compresi i ricercatori precari in agricoltura del Crea. Un fondo da 50 milioni nel prossimo biennio per il risarcimento dei risparmiatori vittime dei crack delle 4 banche messe in liquidazione dal 22 novembre 2016 (Banca Etruria, Carife, CariChieti e Banca Marche) e quelli delle due Venete salvate per decreto (Popolare di Vicenza e Veneto Banca). Due interventi sull’ecobonus: sale a 40.000 euro per ogni unità immobiliare il livello massimo dell’agevolazione del 70% per la riqualificazione energetica delle parti esterne degli edifici condominiali; sull’installazione di ascensori, infissi e finestre l’Iva è sempre al 10% anche per il prestatore di servizio. La proroga a tutto il 2020 degli incentivi per la produzione di energia da biomassa, biogas e bioliquidi di cui potrà beneficiare anche il termovalorizzatore di Acerra. Sono tra gli ultimi ritocchi apportati alla manovra dalla commissione Bilancio del Senato, che ha dato l’ok, prima di concedere il suo via libera, a 173 tra emendamenti e subemendamenti approvati sugli oltre 4.700 complessivamente presentati non senza tensioni nella maggioranza. Ma la giornata di ieri è stata caratterizzata dallo scontro interno alla maggioranza sul tema del bonus bebè. I centristi di Ap hanno addirittura minacciato di non votare il provvedimento se non sarà chiarito che l’assegno per la natalità, che sarebbe scaduto nel 2017 e che è che con un emendamento è stato inserito stabilmente nell’ordinamento, continuerà ad essere riconosciuto per i primi tre anni di vita del bambino, e non solo per il primo. In effetti la proposta di modifica specifica che «l’assegno è corrisposto fino al primo anno di età».
Sos industria: 272mila nuovi posti, ma non ci sono profili. Il nostro paese ha ripreso il sentiero di crescita quasi nulla della produttività che aveva caratterizzato il decennio pre-crisi. Malgrado ciò, l’uscita dall’emergenza degli anni 2008-2014 crea le condizioni per guardare oltre l’oggi, per rafforzare e mettere in sicurezza la nostra economia. Non dimentichiamo peró che tutta Europa festeggia un boom sorprendente, nel quale l’Italia resta fanalino di coda. C’è largo, seppure non unanime, consenso su ciò che servirebbe a irrobustire l’economia sforando il tetto alla crescita che da molti anni incombe come un destino apparentemente immodificabile: spostare la spesa pubblica dai consumi agli investimenti, soprattutto nelle reti di supporto all’economia digitale, dare maggiori risorse a università e ricerca liberandole dai lacci anacronistici che ne trattengono l’espansione, creare una burocrazia moderna amica dell’impresa e del cittadino, stimolare la concorrenza nel settore dei servizi. Intanto la manifattura lancia un Sos sulla formazione: nei prossimi 5 anni in settori chiave come meccanica, chimica, tessile, alimentare e Ict le imprese avranno bisogno di 272mila addetti, con oltre il 60% di periti e laureati tecnico-scientifici. Ma la scuola secondaria non sarà in grado di sfornare i profili richiesti. L’allarme arriva da un dossier di Confindustria realizzato con Unioncamere, che viene presentato oggi a Verona all’apertura di «Job&Orienta». Per fare un esempio, nell’indirizzo meccanico nell’ultimo triennio di corsi siedono in classe poco più di 30mila ragazzi, dei quali la metà andrà poi all’università: alle aziende meccaniche serviranno invece 40mila diplomati.