Politica interna
Renzi tira dritto sul congresso, venti di scissione. II rischio di scissione c’è. Anzi, forse si è già consumata e bisogna ricomporre il partito. Bersani: «La divisione è già avvenuta». Il ministro Andrea Orlando cerca una mediazione. E Massimo D’Alema immagina un distacco lento. Mentre l’ex segretario Walter Veltroni dice al Corriere : «L’idea di dividersi è un incubo. Ma il Pd di Renzi deve aprirsi». Dimissioni da segretario e immediato rientro in carica per l’ordinaria amministrazione. Niente reggenza, niente ruolo provvisorio di leader del partito affidato al presidente, nessuna segreteria di garanzia. Matteo Renzi sta preparando così l’assemblea del Pd di domenica chiamata ad avviare la fase congressuale. Controllo totale della situazione, dunque, come avrebbe voluto fare dopo il 4 dicembre dimettendosi da premier ma andando subito al voto anticipato senza lasciare Palazzo Chigi. La battaglia è già cominciata e Renzi ha intenzione di usare le armi pesanti. Altro che segnali di pace di fronte alla concreta ipotesi della scissione. Se questo schema è dentro le regole dello Statuto lo deciderà oggi la commissione di garanzia del Pd. Renzi presenterà un parere pro veritate che dice di sì, che nulla osta, che il segretario può dimettersi e restare al suo posto fino alle primarie. Al Nazareno si sono convinti che Cuperlo, Rossi e Orlando non usciranno e che il rischio riguardi i soli bersaniani. Rischio relativo, agli occhi di Renzi e compagni, che non si mostrano troppo spaventati all’idea di perdere l’ala sinistra: «Tanto Orfini, Martina, Finocchiaro, De Luca, Bonaccini e tanti altri ex ds di peso stanno con noi».
Berdini, addio irrevocabile E il Comune prepara il sì allo stadio. “«Periferie nel degrado e si pensa soltanto al calcio». Raggi prende le deleghe: andiamo avanti”. «Mentre le periferie sprofondano… l’unica preoccupazione sembra essere lo stadio della Roma». Paolo Berdini, l’assessore all’Urbanistica della giunta di Virginia Raggi accompagna così l’annuncio di dimissioni irrevocabili mentre la sindaca si prepara a dire sì all’impianto di Tor di Valle. Intanto Beppe Grillo attacca i giornali colpevoli di aver scritto falsità sul ruolo del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio nelle vicende che hanno riguardato Raffaele Marra, l’ex vicecapo di gabinetto della sindaca arrestato il 16 dicembre per corruzione. A Roma «c’è all’opera un gruppo trasversale di affaristi, l’ho capito dall’interno» spiega parlando del suo lavoro al Campidoglio l’ex assessora grillina Paola Muraro intervistata da «La Stampa». E prosegue: «La Raggi che futuro ha? Dipende dai poteri forti, dentro e fuori il M5S». Paolo Berdini, travolto dalle polemiche, lascia la giunta Raggi e accusa: le periferie sprofondano e si pensa solo allo stadio.
Economia e finanza
Il Pil chiude il 2016 a +0,9%. Nel 2016 il Pil italiano è aumentato in termini grezzi dello 0,9%, il livello più alto dal 2010. È la stima flash dell’Istat il cui dato corretto per gli effetti di calendario segna un aumento dell’1%; nel quarto trimestre lieve rallentamento, +0,2% rispetto al precedente, che si era chiuso con +0,3%. Il governo aveva previsto un +0,8% dopo lo 0,7% del 2015: il dato è quindi leggermente superiore alle stime. La revisione al rialzo del Pil non avrà effetti sulla correzione da 3,4 miliardi chiesta dalla Ue. I dati «danno ragione a una politica economica fatta di attenzione ai conti, riforme, sostegno a investimenti privati e investimenti pubblici» ha commentato il ministro Padoan. Il premier Gentiloni assicura: «II governo è determinato proseguire le riforme per favorire la crescita». Sul cantiere, ormai aperto H24, della manovra-bis, piovono cattive e buone notizie per Pier Carlo Padoan. La cattiva notizia è lo stop, anche piuttosto ruvido al piano del Tesoro (e ai conseguenti impegni già presi con l’Europa) da parte di Renzi alla direzione del Pd, che costringerà il ministro dell’Economia ad un superlavoro e ad andare a caccia di risorse alternative all’aumento delle accise sulla benzina, ormai dato per sepolto. In questo caso sono i giochi a tornare in prima linea con una tassa sulle vincite in grado di fornire 200-250 milioni. La buona notizia sono risultati migliori delle previsioni del Pil del 2016. Significa un maggiore gettito di circa 500 milioni, dovuto alla maggior crescita.
Riforme, in gioco due punti di crescita. In gioco ci sono oltre 33 miliardi di euro, ovvero almeno 2 punti di Pil, che rischiano di perdersi per strada se le riforme per la crescita, richiamate ieri dal premier Paolo Gentiloni, resteranno incompiute. Si tratta di un pacchetto di interventi a tutto campo: dalla concorrenza alle infrastrutture, dalla giustizia alla scuola, dalla pubblica amministrazione al cuneo fiscale. Misure che in molti casi devono ancora tagliare il traguardo parlamentare e in altri sono, invece, in attesa di essere attuate. Sono la parte più consistente dell’impatto complessivo prodotto dalle manovre di rilancio economico che il Governo, negli ultimi documenti inviati a Bruxelles, ha stimato al 2020 in 2,5 punti di Pil (oltre 41 miliardi). Secondo i calcoli di Palazzo Chigi ci sarà un effetto traino anche sui consumi (dati in crescita del 2,8%) e sugli investimenti (+4,1%). Un obiettivo non facile decentrare, perché lo stato delle grandi riforme non gode di buona salute. Lo sguardo «neutrale» deve correre immediatamente alle previsioni del 2017 e ragionare non solo su quale possa essere il risultato finale della crescita italiana ma cercar di capire meglio il trend delle diverse componenti che alla fine determineranno il Pil (atteso attorno all’imo). E’ giudizio di molti centri di ricerca – Ref e ufficio studi Intesa Sanpaolo tra gli altri – che i consumi non ci daranno molte soddisfazioni. Sono stati loro a tirare la ripresina, nell’anno però in corso sembrano destinati a subire uno stop.
Politica estera
Intervista a Federica Mogherini/Yellen contesta Trump. La numero uno della Fed Yellen attacca la politica di Trump: «Rallenta la crescita». Mogherini, a capo della politica estera Ue, dice a Repubblica: «I rapporti con gli Usa cambieranno». «Nei rapporti tra Europa e Stati Uniti si apre una fase nuova, più pragmatica. È fuori di dubbio che l’amicizia tra i nostri popoli vada di là dai cambiamenti di amministrazione perché a legarci sono la storia e il futuro: le persone, la cultura, gli investimenti, gli interessi concreti. E non credo che gli Usa siano, o possano mai diventare, una minaccia per noi europei. Ma d’ora in poi il nostro rapporto sarà meno automatico; dovremo verificare caso per caso quali siano i nostri interessi e se coincidano con quelli americani. E ci potranno essere casi in cui Europa e Stati Uniti non avranno le stesse posizioni». (…) La banca centrale più potente del mondo non si allinea con il suo presidente. Anzi, la numero uno della Federal Reserve, Janet Yellen, ieri ha confutato con garbo e fermezza una serie di “trumpismi”, come ormai vengono definiti gli assiomi della rivoluzione politica promessa dal 20 gennaio. In un’audizione al Senato, Yellen ha preso le distanze dal decreto sigilla-frontiere e dal Muro col Messico: «Frenare l’immigrazione può frenare la crescita economica». Ha smontato pezzo per pezzo le accuse lanciate da Trump contro la legge Dodd-Frank che durante l’Amministrazione Obama inasprì regole e controlli sulla finanza.
Trump in extremis caccia Flynn/Vertice Nato/Netanyahu oggi a Washington. «Rottura della fiducia»: è la ragione ufficiale per cui Donald Trump ha cacciato quello che si era scelto poche settimane fa come il massimo consigliere strategico, il generale Michael Flynn. Dietro spunta la vera motivazione ben più inquietante: «Era ricattatile dai russi». Lo dice lo stesso Dipartimento di Giustizia. In un clima torbido, tra congiure di palazzo e caccia alle spie, casca la prima testa nel nuovo esecutivo, ed è una testa importante. Inoltre le dimissioni del generale giungono sulla scorta di un’accusa infamante: intesa col nemico; aggravata dalla bugia ai propri capi, per coprirsi. Di che rendere inevitabile un’indagine del Senato su Flynn, rischiosa per lo stesso Trump. (…) II capo del Pentagono James Mattis chiederà all’Italia 18 miliardi di dollari nel suo primo vertice dei ministri della Difesa Nato in programma oggi e domani a Bruxelles, secondo i calcoli del think tank Bruegel. Magari non saranno proprio 18, e magari non saranno tutti i contanti, visto il contributo che diamo alle missioni di pace in tutto il mondo. (…) Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu arriva oggi a Washington con grandi aspettative. L’alleanza con Israele è condizione necessaria per ogni politica estera americana. Il negoziato tra israeliani e palestinesi è bloccato da tempo. Il presidente degli Stati Uniti ha affidato a Jared Kushner, il genero-consigliere, il compito di rivitalizzarlo. Dall’accordo di Oslo in poi, cioè dal 1993, tutti i presidenti americani hanno sostenuto la soluzione dei «due Stati»: Israele e Palestina, indipendenti e sovrani. Netanyahu vuole capire che cosa pensi veramente Trump su questo punto vitale.